Isolati perché esclusi: quando il virus siamo noi.

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La situazione che sta vivendo tutta la popolazione italiana in questi giorni in seguito alla stringenti restrizioni per limitare la diffusione del coronavirus, ci porta a fare delle riflessioni sulle parole che vengono usate su diversi titoli di giornali, che per no sono già note.

Isolamento, per esempio.

Perché ce lo stanno dicendo da tutte le parti, dobbiamo isolarci, restare a casa. E’ pure iniziata una campagna mediatica, con l’hashtag #IoRestoACasa.

Da diversi anni ci occupiamo di diffondere informazioni e realizzare progetti sui temi dell’inclusione e dell’accessibilità (sulla differenza tra questi due termini abbiamo scritto qui).
Per quest ragione l’isolamento é un termine che ci appartiene da molto tempo.
I disabili sensoriali sono isolati molto più spesso di quanto si pensi, anche in mezzo alle persone.

Isolati perché esclusi.

Una persona con difficoltà uditive si sente esclusa quando in un gruppo di amici tutti parlano contemporaneamente, magari non consentendo di leggere il labiale.
Si sente esclusa quando la musica della stanza, del bar é alta al punto da eliminare completamente il suono delle voci umane.
Si sente esclusa quando il film non e’ sottotitolato.
Si sente esclusa quando al lavoro si fanno le audioconferenze.
Si sente esclusa quando il presentatore della conferenza non usa il microfono.

Escludere significa isolare.

Una persona con difficoltà’ visive si sente esclusa quando il gruppo di amici decide di trovarsi in un luogo non raggiungibile dai mezzi pubblici, quando si sceglie un ristorante illuminato solo da candele, quando la presentazione della conferenza é piena di testi scritti in caratteri piccoli o con poco contrasto.

Escludere significa isolare.

Ora pensate a una persona che ha la Sindrome di Usher, e quindi le situazioni sopra descritte le vive tutte.
E in questo caso 1 + 1 non fa 2. Fa 3, perché in una conversazione anche a due il sordocieco non sente bene la voce e non vede il labiale se le condizioni di luce non sono buone.
E’ molto facile che questa persona scelga di stare a casa piuttosto che sentirsi isolato in mezzo agli “amici”

.E’ molto facile che questa persona sia addirittura incapace di raggiungere autonomamente il luogo d’incontro.

Ecco che l’hashtag #IoRestoACasa diventa un #ioEroGiàACasa.

E questo vale per molte persone cieche, ipovedenti, ipoacusiche o sordocieche.

Per non parlare di tutti coloro che hanno difficoltà motorie e che devono confrontarsi con le barriere architettoniche oltre che con quelle sociali.
E allora, quarantena o meno, ci sono persone escluse e isolate a causa non della loro disabilità, ma dell’attenzione che gli altri hanno nei loro confronti.
Alcune disabilità non sarebbero nemmeno considerate tali se le informazioni e i luoghi fossero totalmente accessibili.
Perché è vero che ci vuole un sforzo in più per includere, ma ora che anche tu hai provato e stai provando quanto sia duro sentirsi isolati, soli, magari quello sforzo, imparerai a farlo.

Se il virus dell’esclusione siamo noi, il vaccino esiste già si chiama inclusione.

 

 

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