Oltre i Limiti. O anche no.

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È uno slogan comune quello che dice di superare i propri limiti.
L’uomo lo fa da sempre.
Tutte le scoperte, le conquiste sono una conseguenza del superamento dei limiti.
Lo è la scoperta dell’America, quando Colombo ha voluto superare i limiti del mondo allora conosciuto, sfidando l’oceano.
Lo è la conquista di tutte le vette, quando gli alpinisti hanno sfidato l’aria sottile e le rigide temperature per arrivare laddove mai nessuno era stato prima.
Ora che tutto è scoperto, conquistato e raggiunto, le imprese sono di altro tipo.
A meno di capacità e possibilità straordinarie che consentano la conquista di altri pianeti.
Quindi ci sono quelli che attraverso interi continenti a piedi e quelli che fanno il giro del mondo in bicicletta.
Ci sono quelli che attraversano gli oceani a remi e quelli che lo fanno in mongolfiera.
E poi ci sono i disabili.
Sono tantissime le storie di persone con disabilità che fanno qualcosa di straordinario.
O quantomeno straordinario in relazione alla loro disabilità.
E allora abbiamo il cieco che raggiunge la cima dell’Everest o il disabile moyorio che lo fa con le protesi alle gambe.
Viene da chiedersi che senso hanno queste storie.
Perché lo fanno?
La risposta non è univoca e bisognerebbe chiederlo ai diretti interessati.
Alla base c’è sicuramente una voglia di rivincita contro quei limiti imposti dalla vita.
Poi c’è la passione.
Se a una persona piace la montagna non deve essere il limite fisico o sensoriale a frenare il desiderio di vivere esperienze intense.
Quindi se da un lato raggiungere la cima dell’Everest o di qualsiasi altra altissima montagna è un’esperienza che richiede preparazione e tecnica, dall’altro sono avventure meravigliose di per sé.
I panorami, le temperature e gli incontri che si vivono in ambienti fuori dal proprio quotidiano sono un arricchimento personale.

La recente iniziativa di Dario e Pompea sul massiccio del Monte Rosa è stata presentata fin dall’inizio come un evento di due disabili sensoriali che vogliono vivere un’esperienza di alta montagna.
Consapevoli che la narrativa preferita dalla stampa è quella di storie vincenti, volevano raggiungere La capanna Margherita, il più alto rifugio d’Europa, ad ogni costo.
Tuttavia le condizioni meteorologiche e la precarietà del ghiacciaio in questo anno anomalo hanno fatto decidere alle guide alpini di fermarsi a 4.100 metri.
Ovviamente l’amarezza per la rinuncia è stata tanta.
Ma sono bastati pochi passi in discesa per cominciare a metabolizzare l’idea che non si trattava di una sconfitta.
Il termine sconfitta presuppone una gara.
E gara non era.

Ora a distanza di qualche giorno l’epilogo di questa storia si allinea con la narrativa che due disabili sensoriali devono, per forza di cosa, sentire parte della loro vita.
La cecità, l”ipovisione, l’ipoacusia, impongono dei limiti che non possono essere superati.
C’è poco da fare e da girarci intorno,
Tanto per fare un esempio, anche volendo guidare l”automobile non si può.
C’è un limite oggettivo.
Allo stesso modo la natura insegna questo.
Ci sono limiti che non si possono superare.
I crepacci esposti di un ghiacciaio, così come la pericolosità di un temporale in alta montagna sono dati oggettivi.
Limiti insuperabili a meno di voler correre un alto rischio per la propria incolumità e quella degli altri.
Banalmente un ipovedente che guida l”automobile corre lo stesso rischio.
Quindi va bene lo spirito di avventura, va bene cercare di fare esperienze che ci facciano sentire vivi, va bene scegliere la fatica, la scomodità, la sofferenza in nome di sensazioni nuove, forti, elettrizzanti.
Ma entro certi limiti.
Quelli che, appunto, sono limiti.

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