Il percorso di una malattia degenerativa che porta alla graduale perdita della vista è molto difficile.
Non ci sono strumenti comprovati e adatti a tutti che aiutino a fare fronte a questa situazione che è profondamente individuale, solitaria e unica.
In pratica ci sei tu e solo tu con il tuo modo di vedere e con il tuo decorso, lento, veloce, diverso da quello di qualsiasi altra persona cui è toccata la stessa sorte.
Ho 44 anni e l’ultima visita oculistica mi ha dato un duro colpo.
Non sempre serve un oculista per dirti che stai peggiorando. Anzi. La vita quotidiana e i riscontri pratici sono molto più precisi di una tabella ortottica.
Diciamo piuttosto che quando il peggioramento è misurabile da una tabella ortottica significa che è notevole.
Noi ipovedenti o noi affetti da Retinite Pigmentosa ci accorgiamo di un piccolo bagliore, di una leggera sfocatura. Riusciamo a cogliere differenza in base alle condizioni di luce, alle volte anche in base al nostro umore e stato di stress.
Queste sfumature non sono certo misurabili con gli strumenti di un oculista, che, al massimo, può guardare dentro i tuoi occhi e vedere un bolla di liquido che tu non sai di avere.
Se questo è il caso allora si riaccende qualche speranza, perché la bolla di liquido si può provare a prosciugarla con qualche medicamento.
Anche se l’oculista vede una cataratta si può stare parzialmente sereni perché può essere rimossa e in molti casi si recupera una buona nitidezza.
Diverso il discorso quando è tutto nella norma della degenerazione, perché allora l’oculista ti guarda e ti dice.
“Non c’è niente da fare, come sai la Retinite Pigmentosa comporta dei peggioramenti e questo è uno di quelli.”
Esci dall’ospedale con le pupille ancora dilatate. Non vedi niente.
Vorresti avere delle lacrime vere, non quelle di bruciore.
Vorresti avere lacrime che sgorgano dal cuore per alleggerire questo peso enorme che ti hanno appena messo nel petto.
E invece non escono.
Nei giorni successivi continui a stare male perché continui a pensare che sei peggiorato.
Sapevi che sarebbe successo ma ti eri ripreso dall’ultima ricaduta e speravi che la prossima sarebbe arrivata più tardi.
Sono passati solo quattro anni da quando l’occhio sinistro è passato da 4/10 a qualche ventesimo nel giro di poche settimane.
Si vive in intervalli tra le diagnosi. Periodi tendenzialmente sempre più brevi perché ci si mette anche l’invecchiamento, lo stile di vita, la nutrizione.
Forse dovresti cambiarlo, lo stile di vita o magari mettere i tuoi occhi dentro due barattoli di vetro pieni di formalina.
Nel frattempo è tutto così difficile.
Specialmente se è inverno, il cielo è grigio e sei solo.
Non so se questo malessere ha un nome.
È depressione?
Poco importa il nome.
Perché anche in questo caso non vedo molte possibilità di cura.
Avresti voglia di addormentarti e non risvegliarti più.
E al mattino, quando ti svegli prima dell’allarme vorresti che non fosse un altro giorno da vivere.
E invece ti tocca vivere.
Non ho voglia di vivere.
Non oggi e nemmeno domani.
Non voglio nemmeno morire.
Voglio essere messo in formalina, insieme ai miei occhi, oppure in frigorifero, insieme a Walt Disney😉
Voglio rimanere qualche settimana e svegliarmi quando è passato abbastanza tempo per dimenticarmi di questo buco nero.
Perché la memoria e i pensieri non si possano congelare vero?
Solo il corpo si può congelare.
La materia.
La materia di cui sono fatto, di cui sono fatti i miei occhi.
Maledetti occhi, affetti da una malattia rara.
Già.
Oggi è la giornata mondiale delle malattie rare.
E chi se ne fotte.
Oggi vorrei non essere vivo.
E se leggerai questo testo risparmiati le preoccupazioni.
Non c’è niente che puoi fare.
È così che si sentono gli ipovedenti.
Forse si sentono così anche altre persone. Magari pure peggio.
Ma questo non allevia il mio dolore e la mia tristezza.
Quindi non mi si venga a dire che c’è chi sta peggio, che c’è chi ha già perso la vista completamente.
Risparmiatevi queste fesserie.
Perché ora degli altri non mi interessa.
Mi interessa di me e della mia tristezza.
Che passerà.
Forse è già passata.
Perché scrivere serve a questo.
A ricordarsi che… ‘sti gran cazzi.
Non perché la vita è bella e vale la pena di essere vissuta.
No. ‘sti gran cazzi perché non c’è niente da fare e perché l’essenziale è invisibile agli occhi.
Ma vaff…
Lo sappiamo tutti che è una bella frase per far capire a chi ci vede bene che è meglio essere felici per l’abbraccio di un figlio piuttosto che perché indossa le scarpe più costose di quelle dei suoi amichetti.
Ma per i ciechi e ipovedenti l’essenziale è andare a pisciare da soli anche nel centro di Parigi.
‘sti gran cazzi perché anche questa volta salirò e ancora salirò.
Devo solo ricordarmi che la voglia di vivere non ha niente a che vedere con l’umore, con la tristezza, con lo sconforto e con la fatica.
La voglia di vivere è nel fatto stesso che riconosco quando sto affogando e non mi agito per restare a galla ma imparo a vivere in apnea.
Ogni tanto torno in superficie, solo per prendere aria.
Torno giù.
Voglio continuare ad affogare fino a quando inevitabilmente e quasi inconsapevolmente tornerò a galla.
Ci sarà un miracoloso pezzo di legno a cui aggrapparmi.
E continuare alla deriva per essere presto salvato.
Oggi è la giornata mondiale delle malattie rare.
Ricordati che avere una malattia rara non è solo avere qualcosa con un nome che non ha nessuno.
È tutta questa merda.
Dario
Commenti
Dario grazie per le tue toccanti parole! Mi hai regalato una consapevolezza che non avevo di come si sente mio padre e ti ringrazio davvero per il tuo dono
Grazie del tuo commento.
Aver condiviso le mie fragilità mi è costato molto.
Ma l'ho fatto sperando di trasmettere proprio quello che ti è arrivato.
Dario