Luca, senti che profumo di … liquirizia.
No, non mi sembra.
Si, aspetta, facciamo quattro passi indietro. Ecco, qui.
Ma, forse intendevi questo?
Luca mi porge un fiore, ma ancor prima di annusarlo da vicino, mi accorgo subito che è lui.
Si, si, è lui, ha una somiglianza con il profumo della liquirizia, o, perlomeno, a me sembra così.
Caspita, hai beccato l’unico fiore nel giro di dieci metri. E’ l’elicriso.
Come tutte le piante eliotropiche segue il sole, e noi come loro, seguiamo il sole verso sud, verso mezzogiorno fino a S. Maria di Leuca.
Chi attaccato ad un cordino, chi stretto ad un avambraccio, chi mano nella mano.
E’ un cammino solidale, inclusivo , nel senso che anche noi privati della vista possiamo godere di questi paesaggi. Camminare in mezzo alla natura, tra uliveti secolari e la macchia mediterranea. Camminare su strade romane lastricate duemila anni fa, e scavalcare muretti di pietra a secco.
Io voglio sentirmi leggero, non voglio che mi si descriva eccessivamente il paesaggio che ho intorno. Anche chi mi guida in quel momento è giusto che si goda il paesaggio. Magari in silenzio. Io mi godo il mio. Voglio accorgermi se cambia il vento, se stiamo camminando a fianco di un muro o in mezzo ad un prato di calendule, dove il terreno è più morbido, o su di una mulattiera. Voglio sentire se la coppia avanti a noi ha calpestato un cespuglietto di timo, o ne ha sfiorato uno di mirto. Voglio sentire il lentisco che mi graffia la faccia. Poi se ne ho voglia posso contemplare il mio paesaggio interiore. Ma ho fatto più di mille chilometri per venire fin qua, voglio godermi quello che sento.
Mille chilometri e finalmente togliermi le scarpe, sentire la sabbia sotto i piedi, metterli in acqua e liberarmi. Liberarmi dal cordino, dall’avambraccio, dalla mano e camminare da solo.
Libero.
La linea è quella del bagnasciuga, non si può sbagliare. Non resta che continuare a camminare.
Seguire il sole.
Sentire.
Massimiliano