Mi sono dimenticato le orecchie!

di
20 novembre 2021

Quando arriverai alla fine di questo post capirai quanto eloquente è il titolo.

Ho la Sindrome di Usher, una malattia genetica che comporta una doppia limitazione sensoriale: vista e udito.
In alcuni casi questa malattia compromette anche l’equilibrio ma per fortuna non è il mio.

Ho fondato NoisyVision partendo da questa malattia e per questo si occupa di disabilità visiva e uditiva, di ipovisione e ipoacusia.
Tuttavia ad oggi le nostre attività e la nostra comunicazione si sono rivolte principalmente alla vista, all’ipovisione e alla cecità.

Se provo a pensare alle ragioni di questo sbilanciamento, mi viene da pensare che la perdita di vista sia di fatto più debilitante della perdita di udito, almeno per chi ha entrambe le limitazioni.

Se l’ipoacusia è lieve, si riesce a sopperire meglio a una parola persa che a un gradino non visto. Nel primo caso basta chiedere di ripetere o riavvolgere il nastro, nel secondo caso si rischia di farsi male.

Se l’ipoacusia è lieve. Appunto.

Perché se entriamo nel mondo sordità, dobbiamo aprire le porte di un universo parallelo.

Le persone sorde segnanti – quasi sempre bilingue – pur conoscendo la lingua scritta e anche orale avvalendosi della labiolettura, prediligono la comunicazione con la lingua dei segni che rappresenta per loro la madrelingua.
Vi sono situazioni (scuola,  lavoro, ospedale) in cui per comunicare hanno bisogno di un interprete e in questo modo possono esercitare i loro diritti. 
Il fatto che non siano presenti in modo sistematico servizi di interpretariato pone dei limiti all’integrazione e inclusione delle persone sorde nella società di tutti, e così tendono a ritrovarsi in comunità di persone, sorde e non, che conoscono la lingua dei segni e promuovono la “cultura sorda”.

Tante persone con deficit uditivi – comprese quelle segnanti – portano in realtà apparecchi acustici che consentono di partecipare alla vita sociale e di comunicare con tutti, pur dovendo superare qualche ostacolo specialmente in contesti in cui sono grandi il rumore e il caos.

Mentre per l’ipovisione non ci sono soluzioni. Se vedi male a causa di retinite pigmentosa non ci sono occhiali o altri dispositivi che permettano di correggere i difetti e sopperire alla mancanza di campo visivo. Ingranditori, lenti, torce, smartphone sono utili a divincolarsi nella quotidianità, ma non correggono il difetto..

Spesso mi diverto a chiamare orecchie le protesi acustiche.

Protesi acustiche mi fa venire l’orticaria. Meglio apparecchi acustici. Ma in entrambi i casi mi viene da pensare a qualcosa di rotto, malato e mi appaiono davanti agli occhi immagini di anziani sorridenti, felici di sentire.

Ho dovuto convivere per anni con questo immaginario, e ora, dal palco di NoisyVision ho la possibilità di cambiare questi stereotipi.

E quindi se le protesi oculari si chiamano occhiali, perché quelle acustiche non si chiamano orecchiali?
Sarebbe meglio orecchiette, o orecchini, ma si rischierebbe un po’ di confusione.

Quindi chiamiamole orecchiali no?

In ogni caso lo devo ammettere: mi sono dimenticato delle orecchie.

Ho riflettuto maggiormente sul fatto che NoisyVision ha sempre cercato di attirare più i ciechi che i sordi, più gli ipovedenti che gli ipoacusici, quando al rientro dal mio ultimo viaggio in Italia ho perso le orecchie.

Ho perso gli apparecchi acustici, le protesi, gli orecchiali, le orecchie!

Ero certo di averle perse in aereo, perché le avevo tolte per ascoltare la musica con le cuffie che cancellano il rumore in modo da isolarmi completamente e non sentire gli assordanti messaggi che vengono emessi durante l’intera durata del volo.

Il Volo era il Ryanair FR9955 Pisa-Berlino delle 10.15 del 8 Novembre2021.
Gli apparecchi acustici erano un paio di

Widex Dream FS 440
Numeri di Serie R 094551 – L 113638

Ho scritto tutti questi dettagli perché ad oggi non sono stati trovati né da Ryanair, né dagli aeroporti di Berlino e Pisa.
Forse sono caduti a lato del sedile, senza essere ritrovati subito durante le operazioni di pulizia e il volivolo è andato poi in chissà quale altro aeroporto.

Quindi magari qualcuno li trova e cercando su Google con i numeri di serie riesce a risalire a questo post. Eppure basterebbe riportarli da qualsiasi audioprotesista e riuscirebbero a risalire a me. Ci vorrebbe un ritrovatore molto gentile e intelligente.

Valore economico della perdita: circa 600 Euro.

In Germania, dove vivo, non si possono vendere o comprare apparecchi acustici di seconda mano (o di secondo orecchio, come dice la mia amica Licia)

Li avrei trovati in Olanda e in Austria, per circa 435 Euro ai quali aggiungere le nuove chiocciole (il pezzo di plastica o silicone che entra nell’orecchio) e i ricevitori.
Ma la perdita non è quantificabile sono in termini di Euro.
Perché 600 euro possono essere pochi se l’oggetto é così  importante, ma sono tanti per un oggetto fuori produzione, che se si dovesse rompere non potrebbe essere riparato.
Insomma, dovrei proprio trovare 600 euro per terra per decidere di comprare questi apparecchi senza pensarci troppo.

Perché vorrei proprio gli stessi?

Per non dover fare quella tediosa interminabile e stressante procedura di taratura che bisogna fare con ogni paio di apparecchi nuovi.
Ma di prenderli nuovi non se ne parla.

Stiamo parlando di apparecchi che nel 2014 erano il top di gamma e per prendere qualcosa di simile oggi dovrei sborsare 6000 Euro.

Erano importanti perché fungevano da back-up per quelli che ho ora, Dei Phonak Audeo Paradise che sono  molto buoni, ma nelle situazioni di confusione e forte eco funzionavano meglio i Widex.

E sapete perché l’ho scoperto solo dopo averli acquisitati?

Perché ho fatto la procedura di selezione, provando tutti i possibili apparecchi in commercio (Oticon e Starkey compresi)  durante il lockdown, quando i ristoranti erano chiusi. Anche questo è un effetto collaterale della pandemia.

Grazie alla tecnologia degli apparecchi acustici, l’ipoacusia è sempre stato un problema secondario rispetto all’ipovisione. In questi giorni mi sono reso conto che anche se indosso le orecchie tutti i giorni così come metto i calzini e le mutande, sono uno strumento indispensabile per la quotidianità (come le mutande, appunto).

Se sono cosi importanti, non potevo fare più attenzione? 

Evidentemente si. Altrimenti le avrei ancora con me.
Ma se tu dimentichi qualcosa su un sedile quando ti alzi lo vedi con la coda dell’occhio, oppure se ti cade qualcosa dalla borsa o lo vedi o lo senti. 

Nel mio caso devo mettere concentrazione, attenzione, in ogni movimento.

E l’ho fatto.

Ho guardato sotto il sedile con il telefono in mano, per vedere meglio, con maggiore luminosità, anche se non stavo cercando nulla in particolare. Mi volevo solo accertare.

Quindi se le hostess Ryanair non hanno trovato nulla e io non avevo visto nulla sotto il sedile è probabile che non fossero nemmeno sull’aereo. Insomma, chissà dove sono queste orecchie.

Ormai ho perso le speranza di ritrovarle.

Non mi resta che scrivere una lettera a Babbo Natale. Magari sono cadute dall’aereo e sono ancora in volo.

A prescindere dalle orecchie elettroniche, con questa storia voglio provare a portare l’attenzione di NoisyVision un po’ più sulle orecchie.

 

 

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