La perdita della vista è un lutto

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La perdita della vista è un lutto per chi la vive. Bisogna poi riuscire a scappare dalle grinfie tetre della depressione. Ti crolla il mondo, ti sembra che la vita sia finita. Prima di avere la voglia e la forza di ricominciare da zero vorresti arrivate sotto zero, sotto terra, solo con il tuo problema. Sei solo, non perchè non ci siano persone che ti amano o ti capiscano ma solo perchè in quel momento poco importa che tu potrai farcela, che potrai vivere lo stesso: hai perso te stesso, la tua autonomia, le tue sicurezze, hai paura di perdere anche i ricordi visivi, di dimenticare i volti e non poter più apprezzare nulla.
Passi dal normo al disabile, dall’abile all’invalido, dalla persona al bisognoso, dal forte al debole. Un periodo duro, disincantato e disilluso, dove non credi di certo che il mondo possa capirti, sorreggerti e accettarti.
Piano piano cerchi di rinascere, sfogata tutta la rabbia, la delusione ti accorgi che è il momento di reagire e allora magari per caso incontri una persona che ti cambia la vita: un Amico, un passante, una persona carismatica.
Tu sei lì, che forse riesci ad abbassare le mura che ti hanno finora nascosto e protetto e lasci ancora spazio a qualcuno o qualcosa di darti speranza; qualcuno o qualcosa che ha la forza di farti riflettere e sperare.
A tutte le persone che dopo una grande sfiga hanno perso la vista vorrei oggi augurare tanta Felicità, vorrei regalare un abbraccio, mi piacerebbe molto saperle pronte a ripartire.
La disabilità non si accetta mai completamente perchè nessuno accetta mai un lutto, si vive cercando di essere Felici cercando di tirarsi su e come una costruzione di Lego, rimettere insieme i mattoncini restanti facendo a meno di quelli persi ma avendo voglia di averne di nuovi.
La vera Forza sta nel conoscere e superare la propria debolezza, saper chiedere aiuto quando serve e lasciare entrare ancora qualcuno nel nostro cuore ferito e ricucito.
Facile? NO!
Ma nessuno hai mai detto che vivere sia semplice, ancor di più essere Felici.
Giovanni Maria Vaccaro

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