Il ruolo delle terapie RNA nella sindrome di Usher

di
27 ottobre 2020

Traduzione a cura di Emanuele Grimolizzi della trascrizione della presentazione di Friedrich Asmus, vice presidente della Clinica di Sviluppo a presso ProQR.
La presentazione è parte della USH2020 Connections Week organizata dalla Usher Syndrome Coalition.

 

Signore e signori grazie per l’invito. È un grande onore presentare i nostri ultimi risultati clinici. Mi chiamo Fredrich Asmis, sono il Vice Presidente per lo Sviluppo Clinico alla ProQR Therapeutics. ProQR Therapeutics é una multinazionale che si occupa di biotecnologie che ha il proprio quartier generale a Leida, nei Paesi Bassi.

La prossima slide mostra le nostre dichiarazioni previsionali. Che cosa è ProQR? ProQR ha una missione ben precisa. ProQR è una piattaforma teurapetica RN che mette il paziente al centro, sviluppando farmaci per malattie orfane per le quali la causa genetica è nota.

Si tratta di sviluppare medicine che abbiano un effetto significativo per la cura di queste malattie. È per sfruttare al meglio una piattaforma unica, della quale parleró in seguito. Spiegheró anche meglio che cosa sono le terapie RNA. Tutti i nostri programmi sono effettuati su malattie rare e ultra rare, per le quali ci sono solo un numero limitato di aziende che stanno sviluppando terapie. Di conseguenza c’é una esigenza medica insoddisfatta molto importante.

ProQR ha giá raggiunto lo stadio clinico, il che significa che abbiamo giá studi clinici in corso , che stanno sviluppando farmaci nella fase di test sull’uomo e non. Ci sono tre programmi diversi che sono attualmente attivi. Il primo, e quello con piú elevate probabilitá di riuscita, é chiamato sepofarsen. Si applica nei casi di amaurosi congenita di Leber tipo 10, la piú severa tra le forme di cecitá genetica congenita. Questo programma é ad uno stadio avanzato, nella fase di registrazione per il trial clinico.

Inoltre, l’anno scorso, abbiamo iniziato due programmi per la retinite pigmentosa causata dalla sindrome di Usher. Il programma QE421a, del quale parleró meglio nei prossimi 15-20 minuti, è per pazienti con mutazione nell’esone 13. È una specifica sequenza di codificazione per il gene Usher chiamato USH2A. Inoltre, c’è un altro programma in fase precoce di sviluppo per la retinite pigmentosa autosomica dominante con una mutazione specifica e molto frequente nel gene Rodopsina.

ProQR ha fatto un percorso molto importante per diventare uno dei maggiori attori nello sviluppo di farmaci per le malattie genetiche dell’occhio. La societá è nata 8 anni fa. Abbiamo celebrato il nostro anniversario l’8 maggio di quest’anno. Era una societá che si focalizzava inizialmente su un’altra malattia rara, chiamata fibrosi cistica. Ma giá all’inizio, i fondatori della societá avevano notato che c’era un incredibile bisogno anche per i casi di malattie oftalmiche di causa genetica.

Di conseguenza, hanno unito le forze con il mondo accademico. E giá inizialmente con associazioni di pazienti per capire e avviare insieme un programma preclinico.

C’é inoltre una ampia forza lavoro in azienda per istituire e iniziare questi programmi pre-clinici.
Ció ci ha permesso in circa 3-4 anni di essere giá in grado di iniziare il nostro primo programma clinico per una delle forme piú severe di cecitá genetica congenita chiamata LCA10.

È un programma che ha avuto successo e che nel corso di questi 2-3 anni ha giá raggiunto la fase di registrazione, dato che giá il primo trial clinico ha mostrato risultati molto promettenti. Come se non bastasse, due ulteriori programmi sono andati avanti fino alla fase di sviluppo clinico, della quale ho giá accennato parlando dello studio sulla sindrome di Usher e del gene rodopsina.

E non é finita qui. Siamo ancora all’inizio, dato che nei nostri piani ci sono altri 25 composti per altre mutazioni. Di conseguenza, se tutto va bene, ció ci permetterá di rivolgerci ad altre condizioni e sottocondizioni dove ci sono ancora meno pazienti rispetto alle malattie normali o orfane.

Il prerequisito per fare ció é che ProQR costruisca una piattaforma per sviluppare questi medicinali di precisione. In modo che ci sia una piattaforma chimica condivisa, chiamata RNA oligonucleotide.
L’RNA oligonucleotide in sostanza ripara le mutazioni, gli errori nel DNA. Ed é un approccio versatile. Inoltre stiamo creando svariati e assodati modi di somministrazione chiamati iniezioni intravitreali, effettuate per degenerazioni maculari correlate all’etá o a malattie diabetiche dell’occhio. Di conseguenza siamo a conoscenza dei rischi. Sappiamo come effettuare le procedure che garantiscano e ottimizzino la sicurezza della terapia.

E a differenza di altre terapie, come le terapie geniche, che richiedono procedure chirurgiche effettuate dallo specialista della retina, questo è un farmaco che si applica direttamente sui tessuti malati dell’occhio.
Di conseguenza riesce a raggiungere malattie sia centrali che periferiche perché non è confinata da una certa iniezione o tecnica chirurgica sotto la retina.

Come ultima cosa, ma non meno importante, abbiamo modelli specifici, i cosiddetti modelli optic-cup. Questi sono organoidi, quindi organi artificiali creati da cellule staminali, che possono essere eliminati dalle cellule staminali del paziente portatrici della mutazione ed offrire un’opportunità unica per testare i farmaci in una fase iniziale per elaborare una stima per la prima dose che potrá poi essere utilizzata durante l’approccio clinico.

Quindi qualche dettaglio in più su questi organoidi retinici. È importante … e questo è qualcosa che siamo sostenendo molto – che tutti i nostri pazienti abbiano l’opportunità di donare o di partecipare ad un programma di biopsia cutanea. È una piccola biopsia cutanea che può quindi essere espansa e sviluppata in una struttura simie all’occhio. E questo puó potenzialmente essere utilizzato per testare nuovi farmaci o anche per farmaci specifici per i pazienti in laboratorio.

Ció ha permesso al nostro programma di punta, il programma LCA, di stimare già in modo abbastanza affidabile una dose clinicamente significativa.

Qui vedete un grafico, a sinistra c’é il numero di controllo normale di copie nelle cellule con cui una specifica proteina non trattata può essere prodotta in una situazione in cui nel paziente non c’è quasi nessuna copia. E correggendo l’errore nel DNA, questo numero di copie è in gran parte restaurato. Non é necessario il numero completo di copie che hanno i soggetti normali e sani, ma si é giá ripristinato in una certa misura tale per cui é possibile giá vedere un beneficio terapeutico, che abbiamo già visto in questo studio LCA.

E, naturalmente, avere una stima della dose è un modo relativamente semplice e veloce per avere
già, nelle prime sperimentazioni cliniche, una risposta clinica significativa dalla quale si puó poi continuare.
Particolarmente importante se il numero di pazienti è limitato e la condizione è estremamente rara.

Diamo un’occhiata alla modalità di azione di QR421a. Ha una specifica modalità di azione molecolare che salta le sequenze mutate del DNA portatrici di difetto. E in una trascrizione, questo difetto viene quindi rimosso. Quindi, se guardiamo lo schema a sinistra, c’è un disegno del fotorecettore. La proteina usherina trasporta importanti proteine funzionanti attraverso il fotorecettore. Ciò è garantito solo quando la proteina ha la composizione normale. Quindi l’ordine normale, esone 12, 13 e 14 nelle trascrizioni codificanti del cosiddetto mRNA.
Nel caso in cui si abbiano mutazioni nell’esone 13, la proteina è più corta, non funzionale o le informazioni di codifica dall’mRNA vengono eliminate dalle cellule. Quindi c’è una mancanza di proteina usherina. E il traffico di proteine nel fotorecettore non può iniziare.

QR421a qui ha l’effetto di riparare la mutazione nell’Esone 13. La trascrizione è quindi quella che manca dell’Esone 13 ma è ancora funzionale e in grado di fornire un supporto adeguato per il trasporto delle proteine attraverso il fotorecettore.

Basandoci su quel modello di retinoide a coppa ottica, siamo anche stati in grado di stimare una buona dose iniziale che conosciamo ora dai risultati intermedi, che è di 50 microgrammi. Qui nello schema di risposta si vede che si inizia già ad avere una risposta a un microgrammo. In quel modello, ciò equivale a circa 50 microgrammi. E quindi, il disegno dello studio del cosí chiamato studio STELLAR, il primo studio sull’uomo, ha anche la dose di 50 microgrammi come dose iniziale. E poi ci sono livelli di dose aggiuntivi, 100. E il livello di dose più alto che stiamo attualmente studiando è di 200 microgrammi.

Allora, qual è la terapia con RNA? L’ho già accennato brevemente. Ho accennato alla via di somministrazione individuale, che è una via di somministrazione consolidata che può essere eseguita essenzialmente da ogni specialista della retina. La stessa somministrazione non è diversa da altri farmaci che vengono spesso somministrati per altre malattie. L’iniezione, tuttavia, è probabilmente meno frequente. Quindi due o tre iniezioni all’anno possono essere sufficienti per avere un effetto continuo. E non c’è chimica aggiuntiva oltre alla molecola stessa. Quindi non esiste un vettore virale. Non c’è niente in più. È solo una molecola nuda, una molecola di RNA che esercita l’effetto.

Inoltre, poiché non si tratta di una procedura chirurgica complessa, il farmaco viene distribuito attraverso l’occhio essenzialmente a tutti i tessuti e quindi garantisce un’ampia capacità di colpire determinati tessuti non solo al centro ma anche alla periferia. E sapete tutti che, nella Usher e nella retinite pigmentosa, gran parte della progressione della malattia non avviene al centro ma anche alla periferia. Quindi un’ampia distribuzione può essere favorevole, in particolare per queste malattie.

Qual è la chiave dell’evoluzione dei sintomi che hanno i pazienti di Usher e di retinite pigmentosa? Lo sapete tutti molto bene. Questa è solo una ricapitolazione. Inizia nell’infanzia con la cecità notturna. Quindi la perdita del campo visivo progredisce. Infine, anche la visione centrale, quindi una visione di lettura, viene influenzata e scompare. E nei casi peggiori, i pazienti progrediscono fino ad arrivare alla sola percezione della luce.

Come si puó misurare ció in una clinica? Ci sono due modi per misurarlo con determinate tecniche di valutazione. Uno è il campo visivo. Quanto è ampio il campo visivo? E l’altra è l’acuità visiva, che è una visione foveale centrale. Quindi la funzione centrale della retina. E ci sono anche metodi standard per misurare l’acuità visiva.

Per il campo visivo, nelle nostre prove abbiamo attualmente tre diverse modalità. La microperimetria guarda perlopiú al centro. La perimetria automatizzata cerca l’ampiezza del campo visivo. E c’è una forma specifica che esamina la funzione grezza in campo visivo a bassi livelli di luce. Questa è chiamata perimetria cromatica adattata al buio. E nello schema si vede che, in diversi stadi della malattia, il campo visivo si restringe sempre di più. E, naturalmente, se l’adattamento è troppo lento, il processo viene sospeso.

Inoltre, c’è un test funzionale sulla sensibilità alla luce della retina chiamato test di soglia dello stimolo a campo pieno. Viene applicato a tutti i pazienti nello studio STELLAR. E cattura il comportamento della parte più sensibile della retina. Questo test ha mostrato un miglioramento nel gruppo di trattamento. E può essere considerato un indicatore di una maggiore sensibilità alla luce.
Inoltre, siamo interessati anche alla struttura della retina e dei fotorecettori perché la sindrome di Usher e la retinite pigmentosa sono malattie degenerative. Quindi è in corso la perdita della struttura retinica. E questo può essere catturato con la tomografia a coerenza ottica.
La degenerazione delle cellule dei fotorecettori può essere misurata da questo parametro specifico chiamato zona elissoidale. Si puó vedere sul lato destro in viola. Lo strato dei fotorecettori è chiamato strato nucleare esterno. E queste misure consentono una delineazione affidabile dell’estensione dei fotorecettori e della loro perdita nel tempo. In questo caso la terapia rallenterebbe o femerebbe la progressione del deterioramento.

Di conseguenza, come funziona l’ideazione del trial STELLAR, per la Sindrome di Usher? L’obiettivo era primariamente, nella prima fase, quello di stabilire la sicurezza e la tollerabilità e riuscire a produrre i primi campioni, il che significa, ovviamente, per un primo trial, che si sostiene di avere la dose esatta e l’intervallo di dosaggio. Ma si vuole controllare se le dosi e il modo in cui si assume il farmaco hanno il potenziale per produrre miglioramenti significativi e hanno per essere trasferiti a ulteriori studi clinici.
Ecco com’è lo studio STELLAR. Ha quattro coorti di dose, come abbiamo accennato brevemente, 50, 100 e 200 microgrammi. La prima coorte comprendeva quattro pazienti trattati precocemente. E come controllo, quattro pazienti in cui si è fatto finta di dare il trattamento, i cosiddetti pazienti con procedura fittizia. Quindi la dose è stata aumentata, dopo che è stata dimostrata la sicurezza della dose, da 50 microgrammi a 100 microgrammi.
Successivamente è stata eseguita un’analisi ad interim per vedere a che punto siamo rispetto alla sicurezza e agli effetti terapeutici. E attualmente, un po’ in ritardo a causa del Coronavirus, stiamo includendo pazienti nella coorte 2B e 3 per finire, si spera, lo studio tra un paio d’anni con gli ultimi pazienti. E per avere ulteriori letture alla fine di quest’anno sulle dosi più elevate e un follow-up più lungo delle coorti precedenti.
Quindi questa è la popolazione di prova così come è entrata nell’analisi ad interim. Quattro pazienti con 50 microgrammi. Quattro pazienti con 100 microgrammi. Sei pazienti ricevono i trattamenti di controllo fittizio e nessun trattamento funzionante. È importante sapere che tutti noi abbiamo due copie di un gene. Se si ha mutazioni nel gene USH2A, devi avere due mutazioni per contrarre la malattia.
In questo caso specifico, abbiamo esaminato specificamente le mutazioni nell’esone 13. Quindi alcuni pazienti avevano due mutazioni nell’esone 13. Qui sono chiamati omozigoti. E per esempio, nel gruppo da 50 microgrammi, c’erano tre pazienti con mutazioni in ciascuno degli alleli del loro esone 13. E un eterozigote, quindi questo paziente aveva un’altra mutazione in un altro punto del gene.
Il fenotipo variava. Era piuttosto equilibrato. Almeno nel gruppo trattato attivamente, il 50% ha avuto una presentazione Usher con problemi di udito. E il 50% non aveva problemi di udito. E anche l’acuità visiva e il livello della funzione visiva erano distribuiti più o meno in modo simile con due da lievi a moderati nel gruppo da 50 microgrammi e tre in un gruppo da 100 microgrammi.
E il follow-up, ovviamente, è stato variato in quanto il trigger per l’analisi ad interim è stato di almeno tre mesi. Il gruppo da 100 microgrammi ha avuto un follow-up da tre a quattro mesi. E i 50 microgrammi hanno avuto un follow-up fino a un anno. Allora come appaiono i risultati? Abbiamo guardato a tutti gli oltre 1350 giorni di trattamento negli occhi dei soggetti.
Non si sono verificati eventi avversi oculari o non oculari gravi. Non c’era evidenza di infiammazione e nessuna cataratta associata al trattamento. Quindi questo può essere uno degli eventi avversi di interesse se, dopo il trattamento, le lenti diventano opache o sfocate e devono essere sostituite. Ma questo non è stato osservato. Ci possono essere anche effetti tossici a dosi molto elevate sulla retina chiamati edema maculare cistoide o assottigliamento della retina. E anche questo non è stato osservato.
Questa è la diapositiva principale. Quindi, oltre alla sicurezza benefica, alla sicurezza favorevole, come appariva l’efficacia? Quindi il 25% dei soggetti trattati è stato definito o potrebbe essere classificato come responder. E si chiamavano responder 1 e responder 2. E voglio guidarvi attraverso i diversi profili.
Responder 1 aveva un danno visivo moderato di circa 70 lettere, aveva due mutazioni nell’Esone 13 del gene Ush2a, ha ricevuto solo la dose di 50 microgrammi ed è stato seguito per nove mesi. Questo paziente ha mostrato una buona risposta terapeutica sulla struttura retinica misurata nel declino della zona elissoidale. Ha mostrato un miglioramento del campo visivo e della sensibilità alla luce retinica. Non ci sono stati cambiamenti nella BCVA. Il BCVA era stabile.
Il Responder 2 era in una fase della malattia molto più avanzata. Aveva nell’occhio trattato solo 30 lettere. L’acutezza visiva era in uno stadio molto avanzato. Aveva solo una mutazione dell’Esone 13 e ha ricevuto 100 microgrammi. È stato seguito per quattro mesi. Qui, non abbiamo visto una risposta strutturale dell’esame OCT, probabilmente perché il soggetto era in una fase degenerativa troppo avanzata. Nonostante ció ha avuto un miglioramento nel campo visivo e nella sensibilità alla luce della retina. E ha anche avuto un miglioramento da sei a sette lettere dalla linea di base di misurazione dell’acuità visiva.
Quindi anche qui, effetti molto significativi. E questi sono riassunti qui nei grafici. Insieme agli effetti che vi ho spiegato. Sul lato sinistro, la sensibilità alla luce della retina. La barra bianca è l’occhio trattato.
Tenete bene a mente, tutti hanno ricevuto una sola iniezione. SI é mostrata una stabilità alla sensibilità alla luce nell’occhio trattato, mentre la sensibilità alla luce nell’occhio non trattato è diminuita. E questa è la curva verso l’alto.
Quindi stabilità nell’occhio trattato e declino nell’occhio non trattato.
Per quanto concerne la struttura retinica, vediamo il contrario. E cioè l’ampia curva è sostanzialmente stabile o addirittura leggermente migliorata nell’occhio trattato in bianco. E la curva viola mostra un leggero ma costante calo nel tempo, nel corso di questo follow-up fino a nove mesi. Per il campo visivo e la condizione di bassa luminosità, vediamo qui un significativo miglioramento nelle prime 12-16 settimane e poi il declino mentre l’occhio controlaterale, l’occhio non trattato, sembra non cambiare molto. Nel complesso, in particolare nel campo visivo, vediamo che potrebbe già esserci un intervallo di assunzione a questo livello di dose, realisticamente stimabili in circa 4-5 mesi.
Per il responder 2, ecco immagini simili. Una pendenza verso il basso per la sensibilità alla luce della retina significa miglioramento, mentre il viola mostra un leggero calo di stabilizzazione. Quindi, nel complesso, miglioramento del rilevamento della luce nell’occhio trattato con in gran parte stabilità nell’occhio controlaterale. La struttura retinica misurata dall’EZ è migliorata nell’occhio trattato, in bianco nel grafico centrale, ed è risultata stabile nell’occhio controlaterale. E per il campo visivo, una risposta simile nel campo visivo per l’occhio trattato, a differenza dell’occhio non trattato.
Quindi, per riassumere l’efficacia e condividere alcuni dei nostri pensieri sull’implementazione dello studio mentre è in corso, due degli otto soggetti trattati con 421a hanno dimostrato un beneficio terapeutico. Nessuno dei sei soggetti trattati simulatamente corrispondeva al criterio del responder. Esistono prove iniziali di efficacia al più basso dei due livelli di dose testati. E questo fornisce un’ulteriore convalida della tecnologia della piattaforma ProQR.
I dati del responder precedente forniscono anche indicazioni su ulteriori adattamenti. Un elemento logico è ora esaminare i pazienti che hanno due mutazioni dell’Esone 13, cosiddette omozigoti. Trattarli anche con la dose da 100 microgrammi e vedere se c’è un effetto ancora più forte. Perché hanno doppie copie di alleli mutati che potrebbero essere soggetti alla cura da parte del farmaco. Ed è anche interessante vedere cosa succede alla doppia dose di 200 microgrammi.
Allora cosa abbiamo ottenuto? Quale è il prossimo passo? Finora è stata dimostrata una sicurezza iniziale ed una tollerabilità. Abbiamo visto esempi di coinvolgimento e beneficio degli obiettivi funzionali. E questo ci dice anche che l’intervallo di somministrazione potrebbe essere di quattro o cinque mesi. Abbiamo valutato l’utilitá di vare misure per verificarne l’efficacia. Vi ho mostrato oggi i diversi limiti di applicabilità nella malattia moderata e avanzata. E ora abbiamo un modo migliore per gestirli ed applicarli nei prossimi trial.
Anche sull’ottimizzazione tecnica dei protocolli e su come li osserviamo. Inoltre, è in corso lo studio della dose. Sto parlando anche degli effetti nel caso in cui si abbiano due mutazioni sull’Esone 13. E cosa dobbiamo ancora caratterizzare e gestire nella prossima sperimentazione è l’esatto esatto della dose del farmaco e della dose del gene, quindi avere uno o due alleli. E, naturalmente, la durata della risposta in quei pazienti che hanno già mostrato alcuni benefici e un impegno mirato nella cellula durante il processo.
Grazie per la vostra attenzione.

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