“Sei venuto da lontano.
Non conoscevo il tuo viso, ma ti aspettavo.
Tra poco te ne andrai nuovamente, e lontano.
Ma qualcosa di te resterà con me.
Per sempre”
Comunicazione personale a Gigi Pezzoli di Sib Tioferé, Alto Volta, 1979
Sono partita per questo cammino per fare degli incontri. Ne ho fatti molti.
Ho incontrato una Natura bellissima, a volte dolce a volte aspra, fatta di chiaroscuri e di vento fra le foglie. Una natura mescolata alle opere umane, spesso soverchiata, spesso sovrastante. Sempre bella, luminosa, umida e fiorita.
Ho incontrato la Storia, anzi le Storie. I passi dei calzari romani, degli zoccoli dei cavalli, delle ruote dei carri e le voci di tutti quelli che sono già passati per questi sentieri: antichi romani, giovani amici, sconosciuti di ogni epoca, lavoratori della pietra, del legno, della parola.
Ho incontrato la Pace di sonni ristoratori e di fatiche fisiche, di silenzi che mi hanno posto molte domande e dato poche risposte, di musica cantata, ascoltata, talvolta urlata.
Soprattutto ho incontrato delle Persone. “Buon cammino!” è il saluto che ci si scambia con un sorriso, la fronte sudata, bevendo un sorso d’acqua.
Ma le mie preferite sono le Persone con cui ho camminato in questi sette giorni. Sette gloriosi giorni trascorsi assieme ad amici meravigliosi e a un cane. Motivati, forti, felici, entusiasti. Inesauribili compagni di fatica dal passo e dal tocco leggero. Non ricordo più quante volte mi sono commossa nel risentire le orme che hanno lasciato nel mio cuore. Orme delicate ma decise, da camminatori della vita con tanta esperienza.
Il momento più bello: aspettare, tutti insieme un’alba senza sole fatta di luce e nebbia bevendo il caffè più profumato della mia vita.
Una sinfonia di incontri, semplici, pieni, ricchi, onesti, puliti.
Ho trovato molto più di quello che cercavo.
Scriveva così Elisabetta pochi giorni dopo la fine della quarta edizione di In Montagna Siamo Tutti Uguali.
Lei era una dei partecipanti vedenti. Senza conoscere nessuno e aver mai accompagnato un cieco, ha deciso di mettersi in viaggio sulla Via degli Dei.
E’ una delle tante storie che per una settimana sono state storie parallele.
Sono passati quasi due mesi da quando eravamo sotto la pioggia in Piazza Maggiore a Bologna, ma per fortuna ho custodito questa lettera che mi serve oggi per riportare in superficie non le emozioni, le immagini, le parole, le risate, ma la loro intensità.
Anche se ho percorso quella strada diverse volte, ancora mi stupisco di come ogni volta si crei quella magia che mi fa camminare gli ultimi dieci passi con un pensiero nel cuore: é successo di nuovo.
Ancora una volta un gruppo integrato di non vedenti, ipovedenti e vedenti ha trasformato le migliaia di passi che separano Bologna e Firenze in una metamorfosi collettiva.
Ci sono i passi in silenzio, quelli nel bosco e quelli sull’asfalto. Questa volta tutti sotto un cielo blu inondato di luce.
Ci sono i pranzi su un prato, appoggiati a un tronco. O sull’erba verde di settembre
Ci sono le cene chiassose, gli scherzi e le canzoni.
Ci sono poesie e preghiere.
Lacrime e risate.
Colline a perdita d’occhio, viali di cipressi e prati.
Giorni che nascono e muoiono con il sole.
Tutto spontaneamente orchestrato dal ritmo dei passi.
Dentro questo battito non possiamo che lasciarci andare.
Come le righe di uno spartito musicale, dove scrivere le note di questa musica.
Irripetibile.
Fatta della incontenibile simpatia di Giovanni, o delle sue parole sapienti,messe tra il respiro e il sangue. La leggerezza di Marina, la sua poesia,il suo sguardo bambino che scorge l’amore delle nuvole. Il sorriso intenso di Francesca, che per questo viaggio ha voluto irradiare con occhiali gialli a forma di cuore. Gli occhi di Lucia, blu come il cielo, anzi di più, perché l’amore che sprigionano va oltre ogni colore. La voce di Paolo, che spruzza battute e qualche tentativo di riportare Gas all’ordina. Già, Gas, spirito animale. E la risata di Piera, spenta solo dal peso del coraggio. L’irriverenza leggera di Anna, o forse le sue tisane, un rimedio per la pancia e il cuore. Le lacrime sincere di Flavia, che ha accompagnato tutti con discrezione e dedizione. La delicatezza selvaggia di Sharon, le sue mani tra i fiori e il vino. La toscanaggine di Massimo, che non riesce a fare a meno di noi. Lo sguardo attento e poetico di Elisabetta, che se ha trovato più di quello che cercava é perché ognuno di noi ha seminato qualcosa sul sentiero, che l’occhio attento, il piede leggero, hanno saputo …sentire.
Cipressi
Lettera a un Albero
Impronte di Vita