Tra Nettuno e Venere: pensieri dal molo

1960

Nettuno è il potente e iroso Dio del Mare, signore degli abissi e governatore delle pulsioni profonde. Venere governa le relazioni, spinge ad amare e a cercare la bellezza e l’armonia. A poche ore dalla partenza di questa magica esperienza in barca a vela a bordo di Adriatica per il progetto “Anche a Nettuno Piace Giallo”, Nadia Luppi condivide i suoi pensieri e le sue emozioni ora che stiamo per lasciare gli ormeggi.

Mancano poche ore alla partenza di questo viaggio in barca a vela. E una domanda mi frulla in testa: Come mi è saltato in mente?
“Sarà rilassante, stanne certa: spazi stretti, ostacoli e impicci velici da memorizzare e evitare, e sotto i piedi neanche la terra a cui hai imparato a radicarti. Sì sì, questo è fiuto per una vacanza riposante! In tutto questo c’è da sperare che tu non senta troppo il mal di mare, visto che te la cavi bene in traghetto, in motoscafo, in canoa, in canotto e ti sei divertita anche sulla moto d’acqua, ma diciamocelo, in barca a vela non ci sei mai stata”.

Eccoli i pensieri-birba di questi giorni. Quella parte di me che è abitata dal dubbio, dalle paure, dalla pigrizia che vorrebbe tenermi legata alla zona di comfort e si chiede: “Ma chi me lo fa fare?” E d’altronde non posso fare finta di niente perché se i pensieri-birba si presentano, vanno accolti e ascoltati, non nascosti sotto il tappeto, il telo da mare o sotterrati con la sabbia. Quei pensieri-birba parlano di me: mi ricordano che dovrò fare attenzione alle mie energie e ai miei bisogni, e che anche stavolta sarà inutile fingere che vada tutto bene e niente mi spaventa. Se prima di partire per il cammino lungo la Via degli Dei temevo di non essere abbastanza forte per arrivare a Firenze (leggi il post qui), ora temo di non reggere a sufficienza per arrivare all’Elba. Se prima della Via degli Dei temevo di poter cadere in un crepaccio, oggi mi preoccupano la luce forte sulla barca, l’autonomia da rimodulare, l’aiuto da chiedere, le piccole cose e anche il mal di mare, oltre alla questione della convivenza stretta.

Già, la convivenza. Una barca, 11 persone di cui 8 con disabilità visiva, ognuno con le sue particolarità e bisogni, tutti insieme per sette giorni senza alcuna possibilità di scampare a sé stessi e agli altri. Specchi potenti che scatteranno, atteggiamenti che ci faranno sentire compresi o fraintesi, contatti in cui sentirsi a proprio agio, altri che ci faranno sorridere o potrebbero annoiarci o irritarci un po’. Dinamiche relazionali sicuramente interessanti, curiose, certamente con un quid da gestire. Le relazioni sono il mio mestiere e il mio più appassionato campo di ricerca, e in questi anni di studio e formazione ho messo insieme competenze e strumenti per leggerle, gestirle, viverle al mio meglio. Ho imparato a orientarmi negli specchi di quel caleidoscopio che è una vita relazionale vissuta a pieno. Ho compreso come godere delle emozioni grandi che regala il dono dell’empatia ma ho dovuto imparare anche a tenerne in attenzione l’impatto sul mio equilibrio.

E al di là della vita professionale, per quanto da un lato io sia morbida e accogliente, non sono di facile gestione e ho un profondo bisogno di silenzio e solitudine. E così i miei pensieri-birba ridacchiano “Un gran bell’affare Nadia Luppi… tanto più che il tuo attuale impiego e tutti i tuoi progetti richiedono una quantità importante di energia relazionale e di cura. Si si, rilassati!”.

Tuttavia mi conosco e so che per quanto una parte di me ama la quiete del divano e della lettura, le situazioni silenziose e tranquille, ce n’è un’altra che di stare nella zona di comfort non ne ha voglia e spinge per specchiarsi e riconoscersi in situazioni nuove. Le sfide relazionali connesse a questo viaggio si intrecciano col piacere di condividere tempo e bellezza con anime e cuori a cui sono già legata, e anche per questo sono state determinanti nella decisione di partire.

Mentre scrivo si fanno più chiare le voci dentro di me. Distinguo le emozioni di segno opposto che convivono e i pensieri ad esse legati. Ma nonostante questo resta una sorta di inquietudine, un sottofondo che assomiglia al nodo in gola ma non stringe, solo accarezza. Cos’è?
Cosa vuole dirmi questo delicato groppo alla gola? Cosa davvero mi spaventa e mi preoccupa? Chiudo gli occhi e cerco di immaginare il non immaginabile. Per una settimana chiameremo casa qualcosa che galleggia e dondola sull’acqua. Come sarà essere a casa su qualcosa che non dà la sensazione di stabilità della terra? Mi ritorna alla mente lo smarrimento del terremoto qui in Emilia. La stessa terra che ti ha sostenuto, ti si muove sotto i piedi e ti scuote vita e viscere. E poi ripenso al mare, a quel fratello blu che cerco sempre, che riesce a farmi piangere e a calmarmi quando lo guardo dalla spiaggia o quando lo ammiro da lontano, mentre si fonde nel cielo arancione del tramonto. Ripenso alla gioia di un tuffo e all’inevitabile brivido che lo accompagna. Penso all’onda che non vedo arrivare e al vento.

Già, il vento. Lo sanno tutti: ai Modenesi il vento non piace troppo. Non ci siamo abituati qui nella nostra pianura. Ci piace la brezza, ma soffriamo di emicrania e ci infastidiamo se il vento diventa più forte. Personalmente non ho un rapporto stretto col vento, ma ho sempre notato che dopo un po’ mi inquieta. E’ come se mi rimescolasse i pensieri, come se sparigliasse le carte del mio gioco. Mi destabilizza. Non è sempre un male, certo, ma è un altro fattore da tenere in attenzione.

Continuo a immaginare. Il tramonto, tutt’intorno acqua, e poi la cabina stretta e gli spigoli. Mi si incrociano immagini di onde e la sensazione di un rollio che ricordo ma che non so come mi farà sentire ora. E perdendomi nelle immagini di un futuro che è già qui, fantastico un po’ nelle metafore di un viaggio che sento sarà un viaggio anche interiore oltre che fisico tra le meraviglie del Tirreno.

La vita ci manda i segnali, l’Universo ci parla attraverso le sue metafore, e se guardiamo da vicino quel che accade dentro di noi, ricordandoci che per la logica dello specchio “Così fuori così dentro”, allora è bello soffermarsi e prendere contatto con qualche consapevolezza in più.
Cosa accadrà quando sarà la barca a essere casa? Cosa sentirò quando sarà solo il vento che di solito mi scompiglia capelli e pensieri, a spingermi avanti? Come sarà vivere momento per momento e affidarsi al vento, al mare e a chi non li governa ma li conosce bene? Cosa sentirò navigando sull’acqua, che è il mio elemento, che è metafora delle emozioni? Cosa imparerò e cosa dimenticherò in un tramonto o in una notte di stelle? Cosa lascerò andare e cosa vorrò tenere nella mia vita quando tutto sembrerà superfluo? Quali luci e quali ombre in me e negli specchi che avrò davanti?
La terra si farà meta, il mare casa.
E’ un brivido.
Sorrido.
Si parte.

Nadia

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