Il camminare presuppone che a ogni passo il mondo cambi in qualche suo aspetto e pure che qualcosa cambi in noi.
Italo Calvino – da Collezione di sabbia
Succede…un momento di fatica, una delle “buie notti dell’anima“ che tutti noi possiamo incontrare nel corso della nostra esistenza.
Poi, l’opportunità di partecipare a un cammino che offre una diversa prospettiva da cui “vedere la vita”, un cammino che aiuta a “guarire”.
Che cosa cambia nel nostro corpo e nella nostra mente quando camminiamo?
Se ci è più semplice capire i meccanismi che camminando ci conducono al benessere fisico, dobbiamo avvalerci delle Neuroscienze per comprendere perché, quando camminiamo e in modo particolare quando camminiamo in natura, percepiamo un senso di pace, serenità, di leggerezza e di beatitudine.
Quando i nostri antenati, circa 70000 anni fa hanno abbandonato l’Africa hanno iniziato il “cammino” della storia dell’uomo.
Questo vagabondare gli ha permesso di esplorare, conoscere e sperimentare nuove situazioni, nuove modalità, nuove realtà, nuovi suoni e di sviluppare il linguaggio.
E’ grazie al cammino che l’Homo Erectus è diventato Homo Sapiens, un uomo creativo .
Quando camminiamo, a passo lento, in silenzio, in solitudine e a contatto con la natura riapriamo gli archivi della memoria in cui questa esperienza è stata depositata, ripercorriamo un gesto semplice, scollegato dall’ego e rifacciamo l’esperienza in cui il tempo sì dilata e in cui sentiamo una continuità fra noi e il tutto.
Sono i nostri due emisferi cerebrali a entrare in gioco.
Quello destro, razionale – pianificatore – direttivo, che costruisce la nostra immagine e il nostro “biglietto da visita” separandoci dall’altro, che in questa occasione lascia spazio e dà voce a quello sinistro, creativo artistico – giocoso – meditativo, che ci connette con la parte più profonda di noi stessi e poi con ciò che ci circonda.
Camminando i nostri emisferi cerebrali trovano un accordo, comunicano fra loro in maniera costruttiva fino a quando i filtri razionali sono abbattuti.
Allora “l’lO diventa NOI”.
Camminare è un atto ancestrale, semplice, umile, un gesto che ci radica al suolo ma poi ci spinge verso il cielo, facendoci sperimentare quanto possiamo essere “leggeri”.
Questo stato di beatitudine e di piacere stimola, nel nostro organismo, la produzione degli ormoni della felicità, le endorfine, che hanno una funzione benefica per la nostra salute psicofisica e più endorfine produciamo più desideriamo camminare.
E se camminiamo a fianco un nostro simile?
E se il nostro compagno di viaggio è privato completamente o parzialmente di un canale sensoriale, ad esempio la vista?
E se il cammino procede in compagnia di due asinelle ?
Che cosa succede alla nostra mente? Quali emozioni sentiamo? Quali sentimenti proviamo?
Camminare rappresenta un possibile momento di incontro,
di socializzazione e di condivisione, ma un cammino “Giallo” come questo è stato qualcosa di più.
Nel gruppo dei camminatori c’erano persone normo vedenti, ipovedenti e altre persone affette da cecità totale, ma noi non sentivamo alcuna differenza perché eravamo tutti
“non vedenti”.
Lo eravamo perché ciò che comunicavamo tra noi avveniva per canali diversi da quello visivo.
In un momento storico in cui la propria immagine riveste un’importanza dominante, in cui ciò che conta è l’apparire, poter vivere un’esperienza che esclude totalmente questa forma di comunicazione è stato bellissimo.
Il non vedente era guidato dal compagno di cammino vedente, il quale a sua volta traeva soddisfazione a essere di aiuto; ma anche il vedente era guidato, dal non vedente, ad affinare la capacità di percepire attraverso gli altri sensi il mondo che lo circondava: il profumo della natura, il vento e il calore del sole che accarezzavano il corpo, il fruscio degli alberi, le sensazioni che dai piedi salivano lungo le gambe, passo dopo passo.
Entrambi provavamo le stesse sensazioni, in uno scambio reciproco realmente e materialmente alla pari, in una danza tra il fidarsi e affidarsi a vicenda.
Una parità particolare perché comprendeva anche una via sensoriale intensa di significati simbolici quale è il contatto tattile.
Attraverso il contatto dei corpi, garantito procedendo a braccetto o mano nella mano, o con i corpi disgiunti ma tenuti in relazione da un bastone da trekking tenuto alle estremità da entrambe le parti, camminavamo sempre collegati.
Tra di noi si instaurava, inevitabilmente, una relazione più profonda in cui il cammino assumeva simbolicamente la valenza di un “camminare insieme” e, per di più, con un passo regolare e rilassato sintonizzato con quello delle due asinelle, Pippa e Lulù , che ci hanno svincolati dai nostri ritmi abituali e spesso frenetici.
Il compagno che veniva guidato non era sempre la stessa persona, per cui lo scambio dell’esperienza sensoriale e di “vicinanza” è avvenuta fra i diversi partecipanti.
La sensazione che abbiamo avvertito è stata quella di coesione e di partecipazione collettiva facendoci sentire un tutt’uno come se fossimo un corpo unico.
Ogni barriera culturale tra normo, ipo e non è crollata e l’allegria e la spensieratezza del gruppo lo hanno confermato passo dopo passo.
Insieme, ci siamo nutriti reciprocamente di quel grande sentimento che si vive quando si condivide un “reale scambio umano”.
E’ in questo senso, che questo cammino ha dato “qualcosa” di più alla salute psichica e fisica e sono state l’ipovisione e la cecità a renderlo possibile.
Lucia Comar (Medico) & Giovanni Oliva (Dottore in Fisioterapia)
Commenti
AMO CAMMINARE IN NATURA, HO INCONTRATO IL VOSTRO GRUPPO CASUALMENTE LUNGO LA VIA DEGLI DEI LO SCORSO SETTEMBRE, FRA CUI HO RICONOSCIUTO UN CARO AMICO, NINO GUIDI, CON CUI AVEVO GIA' CAMMINATO.
ORA RITROVO IN QUESTO ARTICOLO LA RICCHEZZA DI QUELL'INCONTRO.
MI PIACCIONO I VOSTRI PENSIERI E CIO' CHE VI ISPIRA, PARLERO' DI VOI A CHI CREDO NE ABBIA BISOGNO. MI FARA' PIACERE SAPERE DELLE VS INIZIATIVE. GRAZIE
Grazie del prezioso commento.
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