Mi chiamo Elisabetta e pratico Yoga da moltissimi anni sotto la guida di diversi maestri. Ho iniziato questa pratica grazie all’incontro con il padre benedettino francese Jean Marie Déchanet, fondatore dello yoga cristiano.
É stato colui che ha portato dall’Oriente posture, pranayama e formule di meditazione, fondendole armoniosamente per arrivare alla preghiera profonda. Ho conosciuto quel monaco benedettino, di cui sono diventata discepola, all’inizio degli anni settanta nel suo eremo di Valjouffrey, in Val d’Isère (Francia) e posso dire che grazie allo Yoga ho trovato la forza di dire “Sí alla Vita”.
Quel giorno di primavera di tanti anni fa ero una ragazza disperata, piena di complessi e di paure, dato che avevo appena perso la vista ma lassù, in quell’eremo di montagna ho sentito nascere di nuovo la Vita nel profondo di me, una porta si è aperta ed io ho iniziato una via. La via del silenzio, la via dello Yoga che mi ha portato a realizzarmi sia sul piano psico-fisico che su quello spirituale.
Lo Yoga è diventato per me,fin da quei lontani giorni, una via di ascesi che dura ancora oggi. Lo Yoga è per me una strada che attraverso le varie posizioni, gli esercizi respiratori, la meditazione mi porta,sempre di più, ad inabissarmi nella “caverna del cuore” dove risiedono le emozioni più vere, profonde, autentiche.
Attraverso il respiro sciolgo le tensioni e riesco a concentrarmi sul “qui e ora”, mentre durante le asana e la meditazione arrivo a quietare la mente e il cuore.
Grazie allo Yoga riesco ad accordare in modo armonioso le tre componnenti del mio essere: corpo, mente e cuore.
Molti mutamenti sonosopraggiunti nella mia vita ed ora, giunta ad una età matura, sto raccogliendo tutti i frutti che lo Yoga mi ha donato.
il mio percorso dura da quasi quaranta anni.
Circa dieci anni fa mi sono anche diplomata come insegnante presso la scuola S.F.I.D.Y.di Milano diretta da Claudio Conte ed affiliata alla Federazione Francese di Yoga.
Ci si potrà chiedere “Come fa una persona non vedente a praticare Yoga?”
Per dare una risposta, desidero dire innanzitutto che la scuola di formazione, durata ben quattro anni ha costituito per me un momento di crescita, sia fisica che psicologica ed ho capito che lo Yoga bisogna portarlo nella vita, oltre a praticarlo sul tappettino. Devo dire anche che ci sono stati dei momenti di difficoltà, legati all’handicap visivo, superati però con la buona volontà. Mi sono resa conto che si può fare tutto, anche ad occhi chiusi, se si riesce a concentrarsi, ad essere presenti al “qui ed ora” e ad avere una maggiore consapevolezza del proprio corpo e del proprio respiro.
Sono profondamente convinta che per chi non vede sia molto importante prendere consapevolezza del proprio corpo, sentirlo, ascoltarlo, amarlo. Si deve arrivare, in un certo modo, a “vedere” con il corpo.
Questo vale per tutte le posizioni, ma soprattutto per alcune, come quelle di equilibrio, in cui lavista è importante. Quando, però, grazie allo sguardo non si può proiettare la consapevolezza verso l’esterno, è possibile mantenere una posizione di equilibrio anche ad occhi chiusi, sostenendosi leggermente ad un muro o ad una sedia.
A chi mi chiede se la disabilità pone limiti alla pratica, rispondo che non ve ne sono, anche se c’è qualche lieve difficoltà. Ecco il mio parere: “In fondo la maggior parte delle posture vengono eseguite ad occhi chiusi anche da chi vede!”
Concludo dicendo che lo Yoga deve portare l’adepto e adepta ad una propria autorealizzazione e all’incontro col Divino nel profondo del suo essere, pur non essendo una religione.
Elisabetta Vianello.
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Ciao Elisabetta, ho letto con molto interesse il tuo intervento. Ho 33 anni e sono affetta da retinite pigmento. Quando la malattia ha iniziato ad essere più severa ho trovato anche io nello yoga un momento di sollievo dall’accavallarsi dei pensieri (inutili) che avrebbero rischiato di governare la mia vita. Oggi sono insegnante di Pilates, ma pratico lo yoga quotidianamente e sarebbe davvero un onore, un giorno, poter praticare con te.
Un saluto
Angela Perna
Volevo aggiungere che presto farò partire un progetto di Pilates con i ragazzi non vedenti dell’istituto Colosimo di Napoli. Ancora di più mi piacerebbe invitarti a conoscerci.
Mi rendo conto che il pilates non è la stessa cosa dello yoga, ma nel mio piccolo cerco di insegnare attraverso il movimento quella ricerca e quel silenzio interiore di cui parli.
Si fa quel che si può.