Il muro.
“Voglio un passato migliore.”
Diego de Silva
Se ho imparato due cose dalle mie vicissitudini è che primo giusto e ingiusto sono categorie non applicabili a disabilità, malattie e incidenti quanto non lo sono alle catastrofe naturali. Secondo che piangersi addosso, cosa inevitabile quando ti capita, è il peggior modo di affrontare il problema. Intendiamoci, chiamare un disabile “diversamente abile” mi fa ridere. Per quanto mi riguarda, non sono diversamente abile. Ho degli handicap che mi rendono difficile la vita e che mi hanno impedito di realizzare molte cose.
Quando sono diventata sorda studiavo lingue e letterature straniere. Mi sono laureata, ma non sono più riuscita ad imparare una nuova lingua. Soprattutto e purtroppo, il mio stato depressivo e la mancanza di supporto (Tutta la famiglia vive lontana. Amici, dopo esser diventata sorda me ne sono rimasti pochi,:la disabilità mette a disagio quando non fa addirittura paura), mi hanno fatto perdere tante occasioni che si sono presentate sotto forma di traduzioni o recensioni. Alcune ne ho fatte, troppe ne ho mancate. E il mio Curriculm Vitae risulta così impresentabile.
All’inizio, mi sono sentita senza pelle e a disagio nel mio ambiente circostante. Ho in parte compensato la perdita dell’udito (iniziata a 21 anni e finita in sordità totale a 25) con la vista, soprattutto per far fronte alla perdita di equilibrio e altre piccole cose come leggere il labiale. Ma questo non mi rende diversamente abile: non mi aiuta né se sono in una compagnia di più persone, né al telefono, strumento quanto mai indispensabile nel lavoro, né ad evitare malintesi.
Avendo perso la vista a un occhio due anni fa (per l’altro non si sa, ma la vista sta calando. insha’Allah), ho deciso di fare un secondo impianto cocleare per migliorare le mie condizioni di vita.
Il mio equilibrio è di nuovo precario e mi aggiro con la spada di Damocles di una possibile cecità.
Ma credo fermamente che la mia più grande disabilita siano state le depressioni e l’insicurezza.
È su questo che voglio lavorare, perché dipende da me. Il muro da abbattere è prima di tutto dentro di me. Come dice il poeta,
“Il modo in cui viviamo,
timoroso o audace,
sarà stata la nostra vita. “
Seamus Heaney