#vEyes4YellowTheWorld e la dimensione della montagna.

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Aveva gli occhiali su un viso simpatico, curioso. Mi guardava con mille domande gonfie in petto, senza sapere quale fare per prima.
Poi ha fatto quella che forse gli è sembrata la più importante, forse quella che poteva in qualche modo comprenderle tutte.

Com’era la montagna?
Grande. Risposi.
Grande.

E non sapevo di che montagna mi stesse chiedendo.
Mi chiedeva dell’Etna da dove ero appena tornato?
O dell’Everest, della quale aveva visto il documentario poco prima?
Non aveva importanza specificarlo.
La montagna era grande lo stesso.
Lo era davvero. Perché grande vuol dire tantissimo, e per un bambino vuol dire tutto.
Irraggiungibile, immensa, lontana, dura, alta. Mi è salito un nodo alla gola, nel vedere quella curiosità innocente che forse non sono riuscito a soddisfare, ma magari quell’aggettivo onnicomprensivo ravviva il sogno.
Così deve essere.
Così era anche per me.
Prima di partire avevo visto l’Etna solo dal basso, non ricordo nemmeno se l’avessi mai visto fumare.
Poi, il 21 Luglio, sotto il sole cocente, ho cominciato a camminare sulle sue pendici, verso la sua cima.
L’hanno scritta i giornali la storia e le ragioni di questa partenza. L´hanno voluta raccontare perché in fondo è una bella storia.
Una di quelle che ci serve leggere per sognare un po’ come quel bambino.
A me tocca l’onore del racconto da protagonista.
È una fortuna.
A me tocca raccontarvi i dettagli.
Ci siamo, Anna e Dario, siamo pronti da tempo.
Con noi c’è Massimiliano, fondatore e presidente di  vEyes.
I primi passi lungo il viale di vEyes Land, sede della omonima ONLUS che ha proposto questa camminata a sostegno di #YellowTheWorld.
L’urlo di battaglia che porta l’adrenalina dal cuore alle dita, delle mani e dei piedi.
One, two, three… Yellow The World!
Ci accompagnano alcuni amici, venuti anche da molto lontano, per esserci, per quell’urlo, per quel colore, per questa partenza.
Quel cono davanti a me, quella colonna bianca e verticale di fumo.
Che brividi.
I primi passi lenti, per prendere il ritmo, per scoprire la natura bollente in cui ci stiamo per addentrare, per ascoltare le descrizioni di Chiara, Marta e Antonino, le guide di Madala Organic Tours.
La prima tappa del giorno è sotto le fronde dell’Ilice di Carrinu,
Sono salito sui tuoi rami, con il timore di romperli anche se enormi.
Ti abbiamo abbracciato perché tu è da 700 anni che abbracci noi.

Dario, Anna, Chiara, Max abbracciano il leccio secolare

La diversità di vegetazione che il Parco dell´Etna offre è sorprendente.
Chissá quanti siciliani lo sanno.
Ci sono anche le more del gelso, cosí dolci, e fresche. Raccogliere i frutti da un albero è un gesto che non faccio mai, non ricordo mai la volta precedente.
Forse è uno dei gesti che un ipovedente è costretto ad abbandonare.
C’é Anna con me.
Avevo già camminato con una cieca totale ma ogni volta è una scoperta. Ognuno ha il suo modo di vedere. Sembra un paradosso, ma è così. Proprio perché non vediamo con gli occhi.
Anna era accompagnata dalla sua fedelissima Nora. Forse il nero del suo pelo non l’ha aiutata ad alleviare la sofferenza del caldo.
Ci sono gli occhi di Chiara, le mani di Marta, sono loro a darci un aiuto lungo il percorso, e Nora, libera dal suo ruolo, può finalmente andare al suo passo e giocare con le pigne.
Sono questi i dettagli di un cammino, le piccole pietre laviche sotto le caviglie stanche, il sudore sulla maglietta attaccata alla schiena, la pelle che brucia, la polvere sulle labbra, i piedi bollenti dentro le scarpe pesanti che mi ancorano al suolo.
L’acqua che non basta mai.
Potrei raccontare ogni passo, quasi ogni pensiero ad esso associato, magari i discorsi o i canti.
Sono ancora tutti vivi.
Se ne andranno.
Resteranno gli ultimi 500 metri sull’asfalto, quel conto alla rovescia tra il dolore e la birra.

Ultimi passi trascinati a fatica fino al rifugio Citelli, a 1741 metri.
Sul livello del mare. Si il mare.
Lo avete mai visto il mare da una montagna?
Avete mai visto una costa di Sicilia illuminata di elettricità?
Mi sono fatto raccontare pure le stelle cadenti.
Sarei più curioso di sapere dove vanno.
Vorrei sapere se vale chiedere a qualcuno di desiderare per me.
Avete visto l’alba? E le ginestre gialle al mattino, la lava levigata dall’acqua dell’inverno, la cenere sui sentieri, il pino nero?
Avete visto l’astragalo dell’Etna? Quel cuscino di fiori che fa bestemmiare? (cit. Salvo)
Io non so se ho davvero visto tutto questo.
Sicuramente ho percepito quello che questi nomi significano per me.
Il mare dal vulcano. Mi basta accostare queste due parole per raccontarmi una storia.
Eppure è la mia, l’ho vissuta per me.
In nome di quel colore che Anna ed io dovevamo portare sulla cima.
Per qualche centinaio di metri il colore verso l’alto lo abbiamo portato in tanti, quasi ottanta persone, che si sono unite a noi per il tratto della Bottoniera.
Si vedeva questa lingua nera, costellata di ciuffi gialli e di alberi bruciati.
Legno morto su terra viva.
Anche questo un paradosso.
Terra, terra, terra. Terra.
Pietre e ancora pietre. Nere.
Mancano ancora pochi passi per arrivare in cima.
Fa caldo.
C’è un forte vento.
C’è odore di zolfo.
Il vento mescola l’odore all’aria e mi porta alle narici polvere e gas.
Non riesco a respirare, non riesco a guardare, apro gli occhi ed è tutto giallo.
Non ci posso credere.
Ma non dovevamo essere noi a colorare l’Etna di giallo?
Battuti sul tempo da millenni. Millenni di fumo che sale. Millenni di cenere, fuoco e lapilli.
Ne ho presi alcuni con me e ne ho lasciato uno islandese.

Uno scambio di pietre, gialle e nere, perché  il 2017 è davvero un anno esplosivo, un anno di terra, di fuoco.
Non so se ho pianto di gioia mentre ero lassù.
ll vento non mi ha lasciato il tempo di sentire scorrere gocce.
Né lacrime né sudore.
Solo polvere gialla sulla mia pelle.
A stento riuscivo a mantenermi in equilibrio tra le pietre nere.
Mi aiutava Nino, con quella gentile discrezione. Mentre Biagio aiutava Anna.
Non c’era posto peggiore dove stare, non c’era posto migliore dove essere.
Ero su un altro tetto del mondo, ero su quel posto tra il cielo e il mare.
Vorrei poterti portare.
Tu, che forse capiti su questa riga perché anche tu hai un limite da superare.

#vEyes4YellowTheWorld voleva sì colorare di giallo il vulcano Etna, ma anche dimostrare a quanti scoprono di avere una malattia invalidante della vista, che la vita continua, che si può e si deve continuare a sognare e lottare per inseguire e raggiungere qualsiasi sogno. Essere disabile visivo comporta certo delle difficoltà da affrontare, ma Dario ed Anna ci hanno dimostrato e continuano a farlo, che spesso le vere barriere sono mentali… E questo vale anche per tutti quelli che crediamo essere “normodotati”. (Massimiliano Salfi)

Non siamo dei supereroi, non siamo diversi da ognuno di voi.
Forse non abbiamo paura.
Forse perché abbiamo un nemico da sconfiggere, o forse soltanto perché vogliamo continuare a vincere.
Che siano medaglie o conquiste, ogni vittoria è un passo più in alto su quella montagna da cui non vorrei mai scendere.
Com’è quella montagna?
Ancora più grande.
Così grande che mi esplode dentro.

Medaglie davanti al logo dell’ evento
Dario e anna sul cratere centrale dell ‘Etna

I grazie li lascio a te, Max.
Io ringrazio tutti i miei compagni di viaggio.

 

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