Lettera ai partecipanti di Anche Agli Dei Piace Giallo.

1605

Finalmente ho dormito nel mio letto.
Qui a Berlino.
Avevo quasi paura ad entrare in casa, sapendo che avrei trovato tutto com’era prima di partire.
Mentre io non sono più lo stesso.
Ho disfatto le valigie, ho estratto le magliette gialle, la tuta gialla. Ho dato la cera alle scarpe e sono andato a dormire.
Ho sognato.
Non sogno spesso.
Ho sognato voi, lo giuro.
Ho sognato un giorno di cammino.
Non era una delle tappe percorse. Il paesaggio era diverso.
Ero seduto tra le rocce e stavo guardando il sole sorgere sul mare.
Volevo fare delle foto per cui ho tardato a unirmi al gruppo.
Il sole era cosi bello, grande, giallo che non mi sono accorto che il tempo passava e quando mi sono svegliato dall’incanto dell’ alba non c’era piu nessuno.
Non c’era Andrea a chiudere il gruppo, non c’era Fabrizio.
Ero solo.
Ma era un sogno.
Quello che è successo nella realtà supera il sogno.
Nessuno è rimasto indietro.
Da Bologna siamo partiti.
E a Firenze siamo arrivati.
Tutti.
Nessuno escluso.
Forse è ancora troppo presto perché tutti ci rendiamo conto di questo.
Non tanto del fatto che siamo arrivati, ma di COME siamo arrivati.
Siamo arrivati diversi, siamo arrivati insieme, abbiamo camminato tutti in un’unica linea gli ultimi dieci passi, quasi per gioco, ma a rappresentare che eravamo tutti li.
Eravamo un gruppo che nel sole cocente di un pomeriggio di maggio urlava al mondo
One two three…YellowTheWorld!
Che urlo!
Che grido.
Che immensa felicità.
Non solo il canto degli uccelli, non solo le voci, le risate e il silenzio rimarranno scolpiti nel nostro cuore.
Sarà un urlo.
Sarà una vittoria, una conquista.
Saranno i dieci passi di tutti i nostri nuovi cammini.
Questa è una storia ragazzi, sappiatelo.
Questa è una storia che ameremo raccontare.
Abbiamo un colore, un nome, un grido, un luogo.
Abbiamo tutti gli ingredienti per dire… io c’ero.

E ora è il momento di cominciare a raccontare questa storia.
L’abbiamo vissuta per noi, questo lo sappiamo.
Abbiamo parlato, riso, mangiato, sognato, bevuto, cantato.
Abbiamo fatto tutto per noi, perché’ sapevamo che volevamo questa avventura.
E senza chiederlo, senza saperlo, senza immaginarlo, l’avventura si è delineata migliore di ogni aspettativa.
Immaginate tutti i “se” che non si sono verificati.
Solo un susseguirsi di fattori positivi e gente stupenda.
Noi e tutti quelli che ci hanno visto, letto nei giornali, ascoltato in radio.
Abbiamo sicuramente acceso qualche sorriso, abbiamo fatto pensare qualcuno, abbiamo detto molto solo per il fatto che abbiamo camminato.
Un gesto semplice, quotidiano che abbiamo la fortuna di poter fare.
Con o senza altri limiti.
Possiamo camminare, possiamo andare.
Grazie.
Grazie ad ognuno di voi.
Grazie per averci creduto e per aver contribuito in modo cosi esemplare a rendere questa esperienza grandiosa.
Ho un po’ di esperienza di dinamiche di gruppo e so che non è facile andare sempre d’accordo, soprattutto se si è stanchi, se si fatica.
Invece, che io sappia, siamo sempre stati partecipi, complici, uniti.
Una birra e un altro giorno è andato.
Ognuno di noi si è guadagnato Firenze.
Ognuno di noi ha reso possibile una conquista individuale e al contempo collettiva.
Ancora una volta possiamo dire che l’unione fa la forza.
Se anche fossero soltanto questi gli insegnamenti che possiamo portare nelle nostre vite quotidiane basterebbe per avere la grinta e la carica per conquistare altre città, altri mondi.
Ma c’è tutto quello che non sappiamo ancora.
Ci sono le voci silenti che ancora non abbiamo ascoltato.
Ci sono parole, canti di uccelli, vento, pioggia, sole, colline, fango, sassi, che sono entrati in noi e un giorno sapremo che hanno mosso in noi un sangue che non sapevamo nemmeno scorresse nelle nostre vene.

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