Il bisogno di parlare, sfogarsi e …ridere!

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Parlare, parlare, parlare.
C’è bisogno di parlare.
C’è bisogno di condividere le fasi e i momenti di  questa malattia, così forse sembra meno pesante.

Quanti anni hai è quando ti è stata diagnosticata la Retinite Pigmentosa? (RP per chi la conosce bene)
Ho scritto questa domanda in un gruppo Facebook dove gli iscritti sono per la maggior parte persone affette da RP e Sindrome di Usher, o i loro famigliari e amici.

E´ seguita una invasione di commenti
Nome, cognome, etá, anni di RP. Uno dopo l´altro.
Quasi 70 anni di Retinite Pigmentosa si susseguono tra i commenti.
Poi si aggiungono anche le cittá.
Con qualche nozione di geografia italiana si riesce a ricostruire una mappa mentale che potrebbe essere riprodotta facilmente aggiungendo qui la propria bandieruola.
Ma le risposte non vogliono essere numeri o statistiche.
Sono come uno sfogo, un modo per dire ci sono, ho 53 anni e mi è stata diagnosticata nel 2009, 17 anni diagnosticata a 14, 36 anni l’ho scoperta 3 anni fa, … Daniele, Roberta, Gaia.

Storie, nomi. Tutti nati con questa malattia. Ma la RP si presenta quando vuole.
“Ciao sono  RP imparerai a conoscermi col tempo, resterò con te per sempre”.
Anche No!
Mi verrebbe da dirle.
E´un´amica-nemica che non vorrei e non ho chiesto di conoscere.
Ma lei resta.
Noiosa. irritante, stressante, deprimente.
Ma che amica sarebbe questa?

Forse nasce da qui il bisogno di confrontarsi, consolarsi, sfogarsi, informarsi. Quasi una necessitá, che aiuta a dimenticare la paura.
Chi sono tutti questi nomi, e quali le loro storie?
Cosa li spinge a scrivere la propria etá, la propria provenienza? Sono forse i nodi di una rete che ci unisce, protetti dentro un gruppo virtuale in cui sappiamo che per il tempo di una notifica Facebook, possiamo essere protagonisti e far sapere che ci siamo, e non siamo soli.

A me manca una cosa in tutto questo parlare: una sana, grossa, grassa risata!
Oh si, come sarebbe liberatoria!

E magari, curativa 🙂

 Per approfondire:
Il riso aiuta a superare situazioni difficili, anche di salute. Un esempio classico che viene spesso citato è quello di Norman Cousins, giornalista e ricercatore della facoltà di Medicina dell’UCLA (USA), che curò la propria malattia utilizzando anche gli effetti del ridere, come racconta nel suo libro (NORMAN COUSINS, La volontà di guarire: Anatomia di una malattia, Trad. it. Stefania Panni Lariccia, Roma 1982) che è diventato l’emblema, anche nella medicina tradizionale, di uno dei tanti risultati positivi ottenuti attraverso il ridere.
Tratto da qui
www.laterapiadellarisata.it

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