Ho provato a cercare inforomazioni statistiche che quantifichino quante persone siano affette da una Sindrome. Una qualsiasi. Ho trovato qualche dato che illustra la situazione dei disabili in Italia.
“In base alle stime ottenute dall’indagine sulla Condizioni di salute e il ricorso ai servizi sanitari del 2004-2005, emerge che in Italia le persone con disabilità sono 2milioni 600mila, pari al 4,8% circa della popolazione di 6 anni e più che vive in famiglia. Considerando anche le 190.134 persone residenti nei presidi socio-sanitari si giunge ad una stima complessiva di poco meno di 2 milioni 800mila persone con disabilità. “
Tuttavia alcune Sindromi non sono direttamente traducibili in disabilità, per cui i dati non sono trasferibili e l’associazione è poco pertinente.
E’ difficile anche reperire informazioni su quanti tipi diversi di Sindrome siano noti.
Questa lista sembra dettagliata, ma, neanche farlo apposta, manca proprio la Sindrome di Usher.
Nel 2006 la cifra stimata di malattie rare è stata tra le 6000 e le 7000 diverse patologie già classificate, ma questa cifra cresce costantemente con l’avanzare della scienza medica e della ricerca genetica. Inoltre non tutte le malattie rare sono una sindrome e viceversa.
Ma non è questo il punto.
Recentemente ho trascorso un weekend con un amico che ha la Sindrome di Asperger.
Non credo che leggere qualcosa su questa malattia possa veramente dare un’idea delle situazioni reali in cui si può incorrere. Non si può immaginare quali siano i discorsi, i modi di fare, le frasi, le espressioni, le implicazioni. Allo stesso modo in cui sono convinto che avere conosciuto un caso non significhi aver conosciuto la Sindrome.
Ma questo amico è prima Mario o uno affetto da Sindrome di Asperger?
In altre parole, si tende a bollare le persone con la Sindrome che portano, quasi più che considerare le loro caratteristiche individuali e uniche, siano esse legate o conseguenti ad una Sindrome.
Io per primo a volte mi vedo più come un Usher che come Dario. Come se avere difficoltà visive e uditive rappresentasse una grossa parte di me. Sono io stesso a non smettere mai di considerare queste caratteristiche come tra le più importanti e comunque tra quelle che mi identificano come persona.
Il mio amico Mario ha comportamenti a dir poco singolari, come ad esempio arrabbiarsi a dismisura per piccolezze a cui io non faccio nemmeno caso (un controllore che gli chiede di vedere bene il biglietto lo fa andare in escandescenza) non considerare e quasi non capire alcuna convenzioni sociale (non è rispettoso urlare alle 4 dell mattino in un appartamento di un condominio). Ma questi comportamenti, per quanto giustificabili da una condizione clinica, sono caratteristiche di Mario. Lui è così, tanto quanto io sono permaloso, maldestro, goffo.
Un altro esempio molto chiaro è quello della Sindrome di Down. Appena una persona presenta i connotati di un Down, quello/a è Down. E’ molto difficile prescindere da questo e quindi staccarsi da tutti i preconcetti che comporta. Ma anche i Down sono Matteo, Luca, Chiara, Giovanni. Non possono essere messi nell’insieme dei Down ed essere considerati solamente tali.
Raggruppare le persone per Sindromi è una forma di razzismo.
E quindi, chi se ne frega della Sindrome! Ogni individuo ha un nome, un nome proprio. Quello deve essere il suo unico nome, non il nome della Sindrome.