Relazioni di coppia e Sindrome di Usher. Implicazioni di ipovisione e ipoacusia

di
13 giugno 2011
Una situazione durante una relazione con un ipoacusico: lei ti bacia nell’orecchio e trova la protesi

Quando avevo circa 23 anni ho cominciato a capire che ben presto avrei dovuto mettere la patente della macchina tra i ricordi del passato. Già allora limitavo l’uso dell’auto a uscite brevi e su strade conosciute che percorrevo quasi esclusivamente di giorno. Già allora non potevo permettermi di andare a prendere la mia ragazza con l’auto. Dovevo farmi accompagnare dai miei genitori in un posto prestabilito e poi farmi riaccompagnare a casa dalla ragazza. Non che me ne vergognassi, ma in qualche modo mi imbarazzava. Un po’ per necessità, un po’ per maturità ho abbandonato questi formalismi sociali, conquistando la consapevolezza che ognuno fa quello che può e vive come crede, per cui questo schema che prevede che l’uomo vada a prendere la donna sotto casa, magari con una macchina lussuosa, beh, ora mi fa un anche sorridere.

Per quanto possa sembrare insensato all’epoca era un problema e in ogni caso rappresenta uno dei tanti esempi di limitazioni che una persona affetta da Sindrome di Usher si trova ad affrontare durante una relazione con l’altro sesso (ma anche no)
Un altro esempio sono le protesi acustiche. Questa è una questione che mi ha sempre messo in difficoltà e che in ogni caso affligge moltissimi ipoacusici, e non solo quando si tratta di incontrare un partner. Anche le brochure di protesi degli ultimi anni spingono sulle dimensioni ridottissime dei nuovi apparecchi retroauricolari, per esaltarne la scarsa visibilità agli altri.
A maggior ragione nei confronti di una donna l’uomo che indossa l’apparecchio acustico si sente diverso, meno perfetto, accentuando una delle ripercussioni psicologiche più diffuse per i sordi o ipoacusici.
Il problema non è ancora risolto, soprattutto perchè durante un bacio appassionato mi è capitato che la ragazza volesse baciarmi sul collo, spingendosi fino all’orecchio. L’idea che potesse scoprire il mio apperecchio acustico CIC, completamente nascosto, mi terrorizzava. La sua insistenza nel volermi leccare a tutti i costi era un chiaro segno che non era ancora accorta di niente.

Un altro formalismo sociale, se così si possono definire, prevede che sia la donna a tenere il braccio dell’uomo durante una passeggiata. E’ sempre l’uomo quello che apre la porta del ristorante, del cinema o del taxi. E’ l’uomo che fa sedere la donna al tavolo. Ma se l’uomo è ipovedente, i ruoli vengono invertiti perchè l’uomo deve essere guidato, non vede le maniglie, non trova le porte. Anche in questo caso ho dovuto abbandonare le regole e comportarmi nella maniera più conveniente. Io mi afferro al braccio, io sto dietro quando devo essere guidato, io lascio che sia lei ad aprire la porta, Immancabilmente non trovo la maniglia o cerco di aprire il battente sbagliato.

Fin qui qualche esempio di problema pratico. Sono certo che ognuno ha le proprie storie, esperienze diverse e episodi più o meno divertenti. Sarebbe interessante poterne leggere altre, magari tra i commenti a questo post.

C’è una questione che, più di altre, ogni tanto ritorna e mi rende vulnerabile ed insicuro.
Al momento non ho una relazione stabile e non ne ho mai avuta una che sia durata più di un anno. Nonostante vada detto che sono un viaggiatore e che più di una volta ho cambiato dimora, mi sono chiesto più di una volta: FACCIO FORSE PAURA? ovvero, la SINDROME DI USHER è una condizione che può SPAVENTARE IL PARTNER?
Anche se si tratta del Tipo II è una malattia invalidante che presuppone un coinvolgimento piuttosto impegnativo da parte del partner sano. Per quanto non abbia mai incontrato una sola persona che si sia dimostrata restia ad aiutarmi, la brevità delle mie relazioni mi ha più volte fatto riflettere sul fatto che forse, magari inconsciamente, le ragazze che ho incontrato si siano trovate impreparate all’idea di affrontare una vita accanto ad una persona che può solo peggiorare.
Lo so, una considerazione del genere non rientra della definizione di Amore, che è sicuramente più cieco di un ipovedente, e quindi più che interrogarmi sulle persone dovrei interrogarmi sulle situazioni, ma sono convinto che il dubbio non ha turbato soltanto me.

Razionalmente sono convinto che la ‘persona che decide di passare la vita accanto ad un Usher non si pone nemmeno questi quesiti, affrontando le difficoltà pratiche con lo stesso atteggiamento che si riserva ad altre situazioni della vita quotidiana, come portare i figli a scuola o dare da bere ai fiori, ma io, noi che abbiamo la Sindrome, forse abbiamo anche il senso di dipendenza dall’altro, il timore di essere di peso, di richiedere troppe energie, troppe attenzioni.

Non voglio addurre conclusioni, non credo di conoscere un quadro di casi sufficientemente ampio per poter generalizzare. Proprio per questo mi piacerebbe sentire la tua opinione e qualche esempio della tua storia d’amore e/o di coppia.

Commenti

  • Caro Dario,
    Condivido in pieno quello che hai scritto, e in gran parte mi ci ritrovo, io stesso non ho una relazione stabile e quelle che ho avuto non sono durate più di un anno. Anche io diverse volte mi sono trovato a pensare che effettivamente anche la Sindrome vuole la sua parte: vedi tutti i problemi pratici che hai ampiamente descritto. Non mi sono mai trovato nemmeno io a che fare con una persona che rifiutasse di aiutarmi, anzi, ero spesso accompagnato avanti e indietro, aiutato e guidato in tutto e per tutto. Ricordo un avvenimento con la mia ultima conoscenza, che per capire come fosse il mio mondo da ipovedente, volle bendarsi gli occhi e muoversi per casa in quella particolare situazione; ricordo che provai molta tenerezza per questa persona, e perchè no? anche amore... la sua ingenuità era disarmante. Mi fece pensare parecchio, e sono giunto alla conclusione, strettamente personale, che sì, c'è una paura di fondo per la Sindrome. C'è perchè i nostri punti forti non sono così visibili e pragmatici: come appunto guidare di notte, andare a giocare a calcetto (io per esempio, o guardo la palla ai piedi, o guardo dove sto andando, non posso fare entrambe le cose) entrare in una discoteca, ecc.. Però quando inciampiamo, o cadiamo, la gente ride, si diverte, io per primo ho imparato a farlo, quindi, la persona che ci vive accanto, anche inconsciamente si rende conto di essere superiore, in un certo senso a noi; questa superiorità, probabilmente la spinge a fare un po' da mamma, se mi passi il termine, a trattarci come persone in un certo senso, più piccole. Prima ho accennato ai nostri punti di forza, che sono spesso: un grande coraggio, una grande forza fisica e mentale, grande sensibilità, e un'apertura mentale notevole: tutte cose che la maggior parte delle persone non possiede o fa fatica ad ottenere. E' molto più facile, accettare o credere di capire che la Sindrome di Usher sia come camminare bendati, che vederla nella sua completezza. Ricordo le grandi discussioni, ma soprattutto la grande paura di questa persona, era come se si chiedesse: " ma cavolo, questo non ci vede, ed è più forte di me nelle cose base della vita? Com'è possibile? Dove la prende questa forza, io non ce l'ho" . Ed ecco che le persone si allontanano, cambiano o ci tagliano fuori, scappano, diventano gelose di nulla e di tutto, hanno paura. Paura di fidarsi, probabilmente. Eppure, questo vale per me, da Usheriano, quando voglio bene ad una persona ci metto davvero tutto me stesso, perchè non ho nulla da perdere, probabilmente bisognerebbe incontrare una persona che la pensi così: la cui sofferenza è talmente stata grande, che dice quello che pensa e pensa quello che dice, che sa che un uomo non è quello che può fare, ma quello che è, che non esiste l'amore in generale, ma il Suo amore. Te lo auguro davvero di tutto cuore.
    Con grande deferenza e rispetto,
    Ruggero

  • My boyfriend is 35 and was diagnosed about 5 months ago with Usher 2, his night and peripheral vision are very bad but he is still able to do alot, he has been lucky in that the progression has been very very slow for him. We will have been together a year in August. I can personally say the disorder, the changes we have had to make, and even most parts of the future are not scary for me. They are difficult, but not scary. I dont fear the new things I will eventually have to take on. I think for myself my main fear is how and if he will adapt and cope. I read once that debilitating or handicapping disorders are not what makes someone disabled, its the inability or refusal to accept and adapt. I am and have been willing to do anything i need to to help him adapt, but what is MOST important is what he is willing to do it for himself. What steps will he take to try to maintain as much independence as possible and to ensure that we can live a happy healthy life together? You can't put a time limit on how someone travels through the stages of grief (which I believe is happening with him) But there is fear that he will get stuck in the stage of anger or denial. The fear of the future for me only lies in how he will cope, will he become angry, bitter and in the end someone i don't even know anymore? I have been very patient, but will his refusal to do something (support groups, braille, etc) go on for years only to end in the demise of our relationship? It is not my place to draw a timeline and ask that he meet it. I cannot fathom what he is going through, which is why i have been patient. As you mentioned, his fear is that he will be a burden, that he will end up alone and disabled, that he will not be able to provide for his children, that he will be unproductive. My fear is that he will accept a fate of doom and misery without putting in a valiant effort to live life as fully as possible, and where does that leave me? I don't know if this provides any insight into what if any fears there are to dating a blind person, but hope it does!

    • I think for myself my main fear is how and if he will adapt and cope.
      what is MOST important is what he is willing to do it for himself.
      will he become....someone i don’t even know anymore?

      I felt like rewriting some of the sentences of your commment, Sam.
      Just some of the strong messages you gave.
      You fear for him, not for yourself.
      You care for him, for how he will cope and for how he will react to the constant lack of independence and the degeneration of the disease,
      Well, this is definitely a proof of love, but you also wonder if these changes will make him become someone you don't know anymore.
      Well... I believe he will be still him, and this is a concept I wrote about before.
      http://www.noisyvision.com/2011/04/26/non-sono-cieco-sono-ipovedente-per-quanto-tempo-potr%C3%B2-ancora-vedere/?lang=en
      We are also what we will become.
      Nobody knows what the life will be, the difference is that with Usher or retinitis you know it will get worse.
      But imagine a couple that lose a son. How do you know how they will react to the loss?
      Everytime there is a trauma no one have any idea how the person may change, but, somehow, he/she will be also that one. I think it is a bit complex and complicated and I think this is just something with no anwser. Nobody can predict which part of the personality is hidden inside and how and when and if it will be ever revealed.
      I think life has to be taken a bit day by day and lived at its best for as it is NOW, without wondering too much about possibilities of the future, because nobody knows nothing.
      So the best thing is probably to help people with disability to understand their own value and possibilities.
      To find out about RP or Usher when you are 35 is a big thing. You think you know who you are and what you want, but the game has to start again.
      The love and comprehension of friends, partner, parents can help but it is also a very personal process. I think I went trough everything in my own way and now I like the way I accept everything.
      On the other side my path is not over and it will never be, but I also found I like to keep walking a find out everytime a new ME.

  • Il mio compagno ha la sindrome di Usher. Stiamo insieme da 4 anni e da uno conviviamo. La sua malattia non è al centro della nostra vita di coppia, naturalmente, ma comunque ne fa parte. E il fatto di essere la sua compagna rende la malattia anche un po’ mia. Nella vita di tutti i giorni i limiti imposti dalla malattia si perdono nelle piccole difficoltà, si mischiano ai difetti miei e suoi. M. che va addosso alle cose, dovergli ripetere una cosa più di una volta, sussurrargli al cinema frasi non colte, prendere il piatto del cameriere impaziente che glielo sventola davanti alla faccia.. In tutta sincerità devo dire che la mia vita con M. non è limitata in niente, anzi. Al momento, l’unica vera differenza con la vita di una coppia “non Usher” è che sono io a guidare la macchina. Abbiamo raggiunto un nostro dolce equilibrio, un nostro linguaggio segreto e per ottenere questo ci vuole qualcosa di speciale, chiamiamola pazienza, chiamiamola attenzione o chiamiamolo amore, che le “altre” coppie non hanno. Un gesto speciale è il modo in cui ci teniamo per mano: nessuna coppia si tiene per mano come noi. Quando camminiamo io guardo anche per lui e se c’è qualche ostacolo, una buca, un paletto, un passeggino, una persona che arriva, glielo segnalo con una stretta di mano.
    Di certo, molto del mio modo di vivere la sua malattia, dipende dal modo in cui la vive lui e le sue difficoltà divengono di riflesso le mie. M. non voleva che gli altri sapessero della malattia. Io questo non lo comprendevo. E mi sembra naturale! Io ho scelto lui! E nel pacchetto c’è anche la malattia! Questo però ha significato tenermi tutto dentro e giocare anch’io a quel nascondino, stando sempre pronta ad anticipare le sue mosse o quelle degli altri per evitargli situazioni di imbarazzo..
    Comunque una scelta così non può essere fatta a cuor leggero, mentirei se dicessi il contrario. In quanto donna, vivo proiettata nel futuro. Se al momento presente l’unico problema è avere un compagno che non mi scarrozza in giro con la macchina, nel futuro il punto interrogativo si fa più consistente e, sì, può spaventare. Perché nel futuro vedo la parola figli e gli interrogativi che questa parola fa sorgere sono enormi: mio figlio avrà la sindrome di Usher? Una donna se le fa queste domande.. la risposta non ce l’ho, non ancora. In fondo questa è una domanda a cui si risponde in due. Ma è una domanda che ho nel mio cuore e che ha bisogno di essere ascoltata, come altre, come quella che forse spaventa di più, tanto da non riuscire nemmeno a formularla…
    Si vive giorno per giorno, però, e l’adesso è fatto di piccole difficoltà: un po’ dolci e un po’ amare. Penso a quando M. non vede la mano di qualcuno che gliela offre per stringerla e io vivo lo stupore misto ad offesa dell’altro e la delusione di M. Perché lui non è imbranato: lui ha una malattia e avere una malattia non è una colpa. Penso sempre che lui non dovrebbe vergognarsi: perché si vergogna una persona che sbaglia a fare qualcosa, ma lui NON PUO’ fare quel qualcosa, perché la malattia non glielo consente, mentre dovrebbe essere orgoglioso per quello che fa, per il coraggio con cui l’affronta. E il coraggio è anche un po’ mio. Il coraggio di affrontare lunghe distanze in auto, il coraggio di sapere che al buio ci sono solo gli occhi miei, il coraggio di accettare di non essere vista dal mio compagno, il coraggio di vivere insieme l’incognita della degenerazione della malattia. Non mi aspetto un applauso, né un riconoscimento, solo credo che ci voglia un'altra piccola prova (prova di amore?) per chi ha la sindrome di Usher, ovvero vedere e ascoltare (e non uso a caso questi verbi) la sensibilità e la fragilità della persona che ha scelto di vivere con voi.

    • Grazie Sara per il tuo splendido contributo. Le tue parole sono piene d'amore. Io, al momento, non ne ho da aggiungere. Preferisco lasciare che la bellezza delle tue decanti in questo sito, sperando che qualcun altro le legga, le colga e faccia tesoro del tuo modo di essere e di vivere con l'Uesher: Malattia e M.

      • Ciao Sara,
        le tue parole esprimono profondamente il rapporto di una persona che convive con la Usher per Amore...e lo scrivo con la "A" maiuscola....non avrei saputo meglio rendere l'idea le sensazioni, le emozioni, le paure e la vita di tutti i giorni meglio di come tu sei riuscita a descrivere...e spesso anche noi che ci conviviamo per Amore abbiamo i ns momenti di "giu'", ma la ricarica è immediata....
        Leggere le tue parole mi è di grande conforto e confronto...
        Grazie davvero!
        Lorena moglie di F. (affetto da Sindrome di Usher)

        • Ciao,
          sono ancora Lorena...ho dimenticato di scriverti che condivido fino in fondo tutto cio' che hai scritto...perchè anche io affronto questa "convivenza" con la Usher di F. proprio come la vivi tu....in tutto e per tutto...e mi ha toccato davvero condividere con te questa esperienza...questa solidarietà!
          Grazie ancora!
          Lorena

          • Cara Lorena! Grazie a te per le tue parole: mi fanno bene al cuore!
            Colgo l'occasione dell'anno appena iniziato per augurare a te e al tuo compagno tante cose belle e un pizzico di pazzia per vivere le nuove emozioni che la vita vi riserverà con allegria e fiducia!
            Quanto mi piacerebbe prendere un tè insieme e fare due chiacchiere!
            Un abbraccio
            Sara

  • I am 24 and was diagnosed with Usher type II 10 months ago and was a bit worried about how my boyfriend of 1 yr (at the time) would react when I told him my peripheral vision is likely to get worse ovder the years, thinking he might not want to be with me.

    I told him my worries, it hasn't scared him off at all. I remember his response was quite simple "If you find you can't see me well just touch me!" And he has been very helpful in the dark as I already have night time blindness.

    You can't change who you are and it is so true all our ailments/ disabilities etc are part of us so as long as partner loves you for who you are and is willing to adapt certain things, help when needed then all should be fine.

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