Disabilità e film: Figli di un dio minore

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Children of a Lesser God

“sotto il livello di un film per i sordi è un film per gli intelligenti.
In una forma fuori proporzioni, così che non è riconoscibile fino a quando non si pensa, Figli di un dio minore non un film sui sordi, ma sulle difficoltà che tutti dobbiamo affrontare nelle relazioni.” James Brundage


Non è mia intenzione scrivere un’altra recensione al film del 1986, diretto da Randa Haines.
Desidero invece soffermarmi su alcune scene.

A questo link c’è la trascrizione integrale della sceneggiatura.
Ad un certo punto, al rientro da una festicciola per Marian Loesser, a casa di Orin, Sarah e James hanno una discussione accesa.
Sarah si è resa conto che Marian è se stessa, in tutto ciò che è e fa, mentre lei è sempre quello che gli altri pensano che sia e tutte le sue parole vengono tradotte per bocca di altri.
Sarah non vuole più sentirsi tradutta, vuole essere un individuo, e questo è ciò che rende possibili anche le relazioni. Essere due individui separati in un’unità.

L’importanza di questi concetti e la bellezza con cui vengono raccontati nel film, grazie alla magnifica interpretazione di Marlee Matlin, invitano a soffermarsi su una questione fondamentale:

Fino a che punto è possible conoscere il mondo interiore degli altri? Come il linguaggio può limitare la comprensione dei sentimenti degli altri?

Nella scena del video riportato, estratto dal film, James dice di voler riposare le mani, ascoltando Bach. Ad un certo punto interrompe la musica e rivolgendosi a Sarah dice:

Non posso godermelo
non posso, perchè tu non puoi.

Nella scena successiva Sarah mette di nuovo il disco e chiede a James di ‘mostrargli’ la musica. Lui ci prova con qualche movimento convulso, poi si arrende.

Non posso.

Fino a dove arriva il linguaggio, i gesti, i segni? Possiamo conoscere veramente l’altra persona se non riceviamo gli stessi stimoli visivi/uditivi?

Io non ho risposte assolute a queste domande. So per certo che non è necessario sapere come gli altri ricevono gli stimoli, forse questo è impossibile. Quello che possiamo sapere è come li trasformano, cosa diventano per loro e come li fanno arrivare a noi.
Una canzone, una musica, un paesaggio. Non sarà mai possibile sapere come viene sentito o visto dagli altri, dalla persona che si ama. Sarà possibile invece, vedere, sentire, percepire, come questa canzone, o suono, o musica, si trasforma dentro l’altra persona per arrivare a noi sotto forma di altre parole, gesti, segni.
James non è riuscito a mostrare a Sarah la musica. Non cercando di interpretarla, di trasformarla in gesti come se anche i suoni fossero parole traducibili in ASL o LIS.
Tuttavia credo sia riuscito a mostrargliela subito dopo. Con gli occhi, con la sensibilità, con lo sguardo. Con ciò che egli è.

Credo che questi concetti siano espliciti quando i linguaggi sono evidentemente diversi: quello dei segni e quello verbale. Tuttavia spesso si riscontrano le stesse difficoltà di comunicazione anche quando si parla lo stesso linguaggio. Eppure non ci si capisce.
In questo senso Figli di un dio minore non è un film solo sui sordi e i loro problemi.

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