Ernst Mach è uno degli esponenti di maggior rilievo dell’empiriocriticismo (aaaah!). i suoi studi cercarono di fornire un approccio epistemiologico (aaaah!) alla conoscenza scientifica, mettendo in discussione il meccanicsimo deterministico (aaaah!). Troppi paroloni.
In pratica per il fisico e filosofo viennese dove i sensi non possono arrivare non vi è nulla. Ciò che esiste è solo una serie di sensazioni semplici, irriducibili, tra loro intimamente congiunte in una sorta di flusso continuo. Sostenne che
“non sono i corpi che generano le sensazioni, ma sono i complessi di sensazioni che formano i corpi “
Un colore per esempio. è un oggetto fisico fintanto che lo consideriamo nella sua dipendenza dalle fonti luminose (altri colori, calore, spazio, ecc.), ma se lo consideriamo in quanto dipendente dalla retina esso è una sensazione, cioè un oggetto psicologico. I corpi sono solo simboli che il pensiero usa per indicare complessi di sensazioni.
Il pensiero machiano non si ferma qui, ma per un approfondimento suggerisco le pagine Diego Fusaro e di Gianpaolo Delucchie Grazia Tanzi.
Quali sono le ripercussioni di questa interpretazione?
Se un non vedente non ha la sensazione visiva di un oggetto, in realtà quell’oggetto per lui non esiste. In effetti se si tratta di una sedia potrebbe sbatterci contro e quindi la sedia esisterà in seguito alla sensazione tattile.
Quindi in un certo senso non vedere o non sentire sono disabilità solo in relazione a quello che secondo una maggioranza dovremmo vedere o sentire. Ma anche in questo caso sarà tutto molto soggettivo. Nemmeno quella maggioranza vede e sente allo stesso modo.
L’idea sul carattere visuale dell’esperienza è ben catturata da Ernst Mach, in un disegno ormai famoso. Nel disegno la visuale del campo è a fuoco e il dettaglio uniforme dal centro verso la periferia dove sfuma improvvisamente nel bianco. Eppure vi sono ragioni per ritenere che l’esperienza visiva non è come il disegno di Mach vorrebbe farci credere.
L’occhio umano ha una visione periferica molto debole.
Il campo visivo non è perfettamente a fuoco dal centro verso l’esterno,
C’è un’area della retina dove non ci sono fotorecettori, di conseguenza si è di fatto ciechi a ciò che cade in questa regione (punto cieco) ma normalmente non si nota la differenza, anche in visione monoculare.
Se si fissa lo sguardo su una parete di colore uniforme, con un occhio chiuso, non si noterà
una mancanza corrispondente al punto cieco. L”esperienza percettiva inganna.
Inoltre l’attenzione dipende dalla percezione. (leggi articolo)
Cosa significa tutto questo?
Il disegno di Mach non è una rappresentazione reale dell’esperienza percettiva, che, di fatto, non è continua, omogenea e dettagliata. Vicerversa è discontinua, frammentaria e scarsamente dettagliata.
NON GODIAMO LE ESPERIENZE CHE CREDIAMO.
Anche questo avvalora la concezione che la visione sia veicolata dall’esperienza e quindi dalla trasformazione degli stimoli percepiti in informazioni che vengono interpretate in maniera diversa dal cervello di individui diversi.
Superare i propri limiti vuol dire anche essere liberi di sentire/percepire il mondo e la realta che vogliamo? Se aveva ragione Mach e ovvero se i corpi sono oggetti psicologici, qual’è la realtà di un cieco? E di RP con residuo visivo?
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