Ma tu, quanto vedi?
Me lo sono sentito chiedere moltissime volte. Probabilmente incuriosisce. Chi non conosce la malattia, ma in ogni caso chi incontra un malato di retinite non può non interrogarsi su quello che vede, su come vede.
Io e Clare stavamo camminando per la strada, di giorno, lei non sapeva nulla della malattia. Verso sera siamo entrati in un locale ed io ho avuto immediatamente delle difficoltà. Mi sono arrestato all’ingresso per aspettare che i miei occhi si abituassero all’oscurità, o quanto meno alla differenza di illuminazione. Dopo qualche istante ho cominciato a riconoscere l’ambiente e ho visto che Clare era vicino a me, mi guardava e non capiva perchè mi fossi fermato. Abbiamo preso posto e ho risposto alla domanda che non sapeva come formulare ma che era chiaramente scritta sulla sua faccia.
Così l’ho messa al corrente di tutta la faccenda, retinite pigmentosa, visione notturna, campo visivo.
Non ho detto che ho la Sindrome di Usher.
Non lo dico mai al primo incontro. Mi fa sembrare troppo sfigato.
Dopo un po’ arriva la fatidica domanda.
Ma quanto vedi?
E così faccio sempre il solito esempio dando dimostrazione di come senza occhiali riesca a leggere quello che lei non vede se toglie i suoi. Le diottrie resistono ancora bene.
Tuttavia sono miope, astigmatico e presbite e anche se portassi gli occhiali (che non indosso più perchè mi sono stancato) non riuscirei mai a vedere 10/10. Arrivo a malapena a 7.
Ma non è questo il punto. 7/10 sarebbero sufficienti per vedere un gradino, un albero, un paracarro.
Le conseguenze della retinite pigmentosa sono altre.
Se si osserva l’elaborato di un campo visivo di chi è affetto da retinite, si può notare che le aree che evidenziano quali parti del campo sono ancora visibili in alcuni casi sono molto ristrette, generalmente centrali. Ecco perchè si rappresenta la visione di un retinopata come se vedesse attraverso l’oblò di una barca.
L’effetto è più o meno quello, ma in realtà non ci rendiamo conto di vedere così poco, perchè non vediamo il nero esterno al cerchio. In pratica quando si guarda fuori da un oblò si vede solo una porzione di paesaggio, ma si vede anche la parete interna dell’aereo o della barca, che apparirà magari scura, ma comunque fa parte di ciò che si vede.
Un esercizio migliore può essere quello di appoggiare due tubi di cartone (tipo quelli della carta igenica) agli occhi e provare a fare le azioni quotidiane in questa condizione.
Ecco allora che per vedere un oggetto sarò necessario che entri nel campo visivo. Cercare la forchetta sul tavolo potrebbe rendere necessario scannerizzare tutto il tavolo.. Se mettendo la mano a destra del piatto trovo la forchetta, questo non significa che abbia visto la forchetta, ma è semplicemetne il primo posto dove cercare, il posto più logico. Dovrebbe essere lì. Quando le cose non sono dove dovrebbero essere e sono costretto a cercarle potrei non trovarle anche se fossero ‘proprio davanti agli occhi’ (come mi fanno notare gli ignari), ma magari in una zona cieca del mio campo visivo, in una zona che secondo un osservatore esterno io sto guardando, ma in realtà non sto vedendo.
Queste situazioni sono spesso imbarazzanti, ma ce ne sono talmente tante, variegate, alcune anche molto divertenti, da meritare un discorso a parte.
Tuttavia la risposta alla domanda non è completa, perchè ho risposto in termini di area visibile, ma all’interno di quella ristretta parte di occhio che ancora mi permette di scrivere questo articolo, ci sono altri problemi.
Passare da un locali illuminato artificialmente ad uno spazio aperto, specialmente se c’è il sole, necessita un periodo di adattamento e gli occhiali da sole sono spesso indispensabili. La situazione inversa, tuttavia, è peggiore, perchè più lenta e spesso completamente accecante. Per assurdo mi acceca di più il buio che la luce. Anche aspettando qualche minuto talvolta non riesco a vedere a sufficienza per trovare la maniglia di una porta, oppure il rubinetto dell’acqua di un bagno pubblico.
In alcuni casi mi aiuto con una torcia elettrica che ormai porto sempre con me, specie se non sono in compagnia di qualche amico, ma molto più spesso mi aiuto con il tatto, comportandomi a tutti gli effetti come un cieco.
Tuttavia non uso il bastone bianco, per cui non vengo riconosciuto come tale e nell’esempio di un bagno pubblico, chiunque mi vedesse dall’esterno non saprebbe spiegarsi come io sia arrivato al bagno per poi non trovare la maniglia. La maggior parte delle persone non si pone il problema che la cecità possa essere parziale.
Nei locali notturni, ma spesso anche nei ristoranti dove le luci sono soffuse, i problemi pratici possono essere innumerevoli (non riesco a leggere il menù, a volte non vedo chi è al tavolo con me, non riesco ad andare a prendere da bere da solo) ma anche questi sono problemi prettamente pratici e quindi in qualche modo risolvibili.
Ciò che rimane da indagare e che non ha una risposta generalizzabile è come io percepisco le situazioni in base a quello che vedo.
Diepende molto da come sono disposte le luci, dal tipo di illuminazione, ma anche dal tipo di musica.
Talvolta trovo alcuni punti di riferimento e poi riesco ad orientarmi cercando di memorizzare la loro posizione reciproca, oppure misuro visualmente le dimensioni degli oggetti per poter calcolare le distanze, ma in alcuni casi non distinguo che qualche riflesso,. uno schermo, un lampione.
Alcune strade cittadine, per esempio, non sono sufficientemente buie perchè io non mi ci avventuri, non sono sufficientemente illuminate perchè io non le possa percorrere camminando rigido per il timore di incotnrare un palo, magari basso, che inevitabilmente ferma il mio percorso colpendomi proprio lì, si, avete capito….nei cosiddetti.
Ovviamente ogni paziente affetto da retinite vede in maniera diversa ed ha delle contromisure diverse che sono strettamente collegate alla personalità, al tipo di vita, al lavoro, ai percorsi.
Sarà vero che chi vede ‘tutto’ è in realtà maggiormente distratto e quindi ‘sente’ meno quello che accade in un luogo?
La certezza di non avere problemi visivi limita la dose di attenzione necessaria e quindi la percezione dei luoghi, delle situazioni e delle relazioni?
VIDEO
Interessante video esplicativo per comprendere come vede chi ha la retinite pigmentosa
Sono veramente colpito, da portatore di Usher tipo II condivido perfettamente la tua descrizione, è talmente preciso che sembra scritto da me, che come te ho avuto sempre a che fare con gente che faceva queste domande, ho perfino elaborato delle immagini apposta per fare capire come è vedere con la Usher. Attualmente studio osteopatia, e per la mia tesi volevo cercare dei pazienti, ovviamente con la retinite o la Usher, che in termini visivi è lo stesso, per dimostrare che esiste un trattamento cranico che potrebbe rallentare la degenerazione. E’ un progetto bello grande e sarebbe bello trovare persone come me su cui provare e testare questo trattamento… perciò se la cosa vi interessa vi prego contattatemi, la speranza è l’ultima a morire.
Sebbene anche mio fratello sia nella mia stessa condizione, ho sempre avuto difficoltà a tirar fuori da lui la voglia di combattere questa sindrome con le nostre possibilità, ma per me, che amo il mio lavoro, è importante dimostrare ciò, o almeno provarci. Per quanto riguarda le altre persone, quelle “senza problemi”, potrei scrivere decine di pagine su questo, io stesso in mezzo ad una stazione o una strda affollata mi rendo conto che nessuno, a parte me, guarda dove va, per loro è normale, automatico, per me no. All’inizio questa sensazione mi dava sui nervi, ma poi ho capito che non ha senso arrabbiarsi: ci sono un sacco di cose che non vedranno mai… il potere di un bel verde di un prato sotto il sole, la sensazione di qualcosa di caldo tra le mani, la capacità di vedere cosa pensano gli altri. Avere problemi, secondo me, è il primo passo per non averne affatto.
Sono molto contento di aver letto quello che hai scritto, se ti interessa, contattami
Ruggero
Ciao ruggero
leggo con piacere il tuo commento.
sarebbe bello se tu volessi condividere con noi le tue immagini elaborate, magari potremmo pubblicarle nella bacheca foto alla nostra pagina Facebook, che ne dici? oppure alla nostra pagina flickr.
Interessante la tua tesi di laurea. speriamo che gli sviluppi siano positivi.
Ti scrivo in privato per altri dettagli
” nessuno, a parte me, guarda dove va, per loro è normale, automatico, per me no”
questa frase esprime benissimo la nostra condizione di costante consapevolezza e attenzione.Alle volte può essere difficile e stancante ma al contempo costringe ad essere sempre presenti.
Leggo nelle tue parole alcuni passaggi del tuo personale percorso per accettare l’incertezza del futuro. ma concludi con una frase che sembra la parafresi del nostro motto.
AVERE PROBLEMI E’ IL PRIMO PASSO PER NON AVERNE AFFATTO.
Direi che abbiamo moltissimo in comune, continuiamo a seguirci e a partecipare ai reciproci progetti e progressi
ciao
dario
http://www.oftal.it/rp.htm#Usher
A questo link interessanti immagini e descrizioni di come vede chi ha la sindrome di Usher
Buongiorno a tutti,
come forse saprete essere sordo ciechi crea dei meccanismi di compenso: questo vuol dire avere un olfatto e un tatto più sviluppati, lo stesso vale per il gusto. Nella mia vita ho imparato 5 semplici regole per vivere nel Mondo senza ammazzarmi, e peggio, senza uccidere nessuno(ricordo una volta che scendendo in un passaggio sotterraneo della stazione di Mestre mi scontrai con un bambino non più alto del mio ginocchio, lo presi sul naso con la mia rotula facendolo piangere, senza contare che il naso gli sanguinava, e suo padre, giustamente, voleva riempirmi di botte, non ebbi nemmeno la forza di scusarmi tanto ero sconvolto dalla violenza di una cosa semplice come un passo, alla fine non successe nulla, e io rimasi da solo con la mia borsa).
1- Le correnti d’aria
sono molto importanti, per un Usher fanno capire dove c’è una finestra aperta, se una porta non è ben chiusa, ma anche se qualcuno ci sta passando vicino, quando arriva la metropolitana ecc. ritengo sia molto importante capire il modo in cui un Usher vede il suo ambiente, le corenti d’aria a lungo andare danno una sorta di premonizione: si sa già come cambierà l tempo, per esempio se siamo all’aperto, se siamo al chiuso quanto è grande l’ambiente in cui si è
2 I Piedi
nella folla, un Usher non guarda mai in faccia le persone, per due motivi: se lo facesse non capirebbe la reale distanza a cui queste si trovano, e quindi non saprebbe realmente dove sono, il secondo motivo sono le traettorie: le persone sono molto prevedibili nei movimenti, abitudinarie e molto spesso assorte e distratte, guardando i piedi si capisce dove esse sono, che direzione vogliono prendere (basta vedere in che direzione è orientata la punta dei piedi) e quanto lungo è in effetti il loro passo.
3 Gli odori
quando ero bambino, sentivo l’odore di mia madre anche da un isolato di distanza. Sono molto importanti perchè ci indicano una presenza, anche appena passata o che sta per giungerci; oppure il classico esempio è il caffè, di cui un usher non sente il gorgogliare ma sente però l’odore del caffè appena fatto anche da molto lontano dalla cucina. Con il tempo si impara a discriminare anche che odore ha una persona triste, una nervosa, felice ecc.
4 Il tatto
molto probabilmente se non fossi un Usher non potrei fare l’osteopata. Da bambino dormivo con mio fratello sul letto in alto di un letto a castello, mi capitava appoggiando il palmo della mano sul mio materasso di sentire il suo cuore che domiva sotto di me. Con il tempo ho imparato al buio totale a seguire le superfici dei muri per capire angoli e fessure, o con i polpastrelli o meglio con le unghie (per capire ad esempio al buio il lato tagliente di un coltello) i palmi delle mani, invece per i cambi di temperatura repentini. Tenere per mano per un Usher è molto importante, perchè non solo è utile per muoversi ma egli dal contatto capisce molte cose su come sta la persona, se è agitata, nervosa, in imbarazzo (molte volte gli altri percepiscono la capacità di un Usher di sentire, oltre i sensi, e spesso si chiudono o stringono i polsi)
5 Le scarpe
Penso che per un Usher sia fondamentale avere scarpe abbastanza sottili, per percepire bene con le piante dei piedi le superfici su cui si cammina, ruvide, sabbiose, scabre, oppure per sentire quando finisce un gradino e ne inizia un altro. Trovo molto agevoli i percorsi per ipovedenti che hanno quelle superfici rigate continue che delimitano delle aree, si sentono bene con i piedi.
Mi sono permesso di svelare questi piccoli trucchi per due motivi: uno, se qualcuno che ha la Usher li mettesse in pratica sarebbero davvero molto utili; due è anche utile a chi non ha la Usher capire quali sono i meccanismi dietro un’apparente mancanza di difficoltà. Spero di esservi stato utile
In fede,
Ruggero
Io soffro di Usher tipo II.
Sarei interessata a sentire possibilità di trattamenti.
Se vuoi contattarmi ho messo la mia mail come link sul nome =)
ciao lisa. Il tuo nome non risulta clikkabile. Contattami tramite info[at]noisyvision.com e ti metto in contatto con ruggero. ciao
ok =)
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Ciao a tutti, vi invito a visitare il mio sito internet sulla Retinite Pigmentosa:
http://www.vincenzoluigimilanesi.it/
e magari darmene una vostra opinione
Saluti
Vincenzo
spiegato alla perfezione ,,io che ho gli stessi identici problemi non sarei stata cosi brava a descrivere la difficoltà che vivo ogni giorno
La mia compagna ha la retinite pigmentosa e la sindrome di usher e capita spesso pur facendo lei attenzione muovendosi lentamente di urtare le persone che escono dal suo campo visivo la maggior parte delle quali esprime visivamente incredulità e anche disappunto e ciò mi irrita terribilmente al punto che se sono testimone e ritengo che ci sia stata maleducazione devo per forza intervenire e dire la mia.Ieri in farmacia una signora mi rispose ” mi sembra che ci vede benissimo!” e la figlia con carrozzina e pargoletto “ma vivi sereno!”Per fortuna che la mia compagna sa difendersi e rispose “Signora , ho la retinite e lei è una grande maleducata!
Non credo di esagerare nell’eccesso di protezione nei suoi riguardi, lavorando insieme da ormai 10 anni in fabbrica è stato difficile far capire ai nostri colleghi di lavoro che la sua non era sbadataggine e poi ai colleghi non gli vai mica a raccontare i fatti tuoi.Ma ancora oggi capita che chi ha fretta sul posto di lavoro gli taglia la strada.
Disinformazione, indifferenza ma soprattutto maleducazione della gente e quasi peggio della malattia perchè ti logorano ancor piu lentamente.
Ciao Dario sono una mamma di un bambino che ha questo problema , e tutto quello che hai scritto , ho rivisto mio figlio ….. vorrei sapere di più sulle tue ricerche , grazie
Ciao Katia
forse non ho mai risposto al tuo commento. In merito a quali ricerche vorresti maggiori informazioni?
Se ti riferisci a ricerche mediche non credo di essere il contatto più adatto